GUERRANDO: Non so. Tutto è finito, fra noi, da oggi. SUSANNA (sarcastica): Per me è finito tutto da ieri. GUERRANDO: Per me da ieri l’altro. SUSANNA: Ah sì? (con crudeltà): Per me non è mai co-minciato. Achille Campanile
– Cosa c’è? – Niente. – Sicura? – Sicurissima. – Te lo chiedo, perché ho notato che ti sei irrigidita. – È una tua impressione. – Davvero? – Davvero. – Sicura? – Sicura. – Quand’è così, ti chiedo scusa. Mi sarò sbagliato. – Sì. – Sì, cosa? – Ti sei sbagliato.
– E adesso cosa c’è?… – Perché dovrebbe esserci per forza qualcosa? – Per due motivi. Uno: ti conosco bene. Due: non solo ti sei irrigidita un’altra volta, ma da dieci mi-nuti sei diventata taciturna. E ti guardi nervosamente intorno. – Si vede così tanto?… – No. Solo un po’. Vuoi farmi la gentilezza di dirmi che ti prende? – E va bene… – Avanti, allora. – Il mio ex. – Che c’entra lui? – È qui. – Ah.
– Be’, magari ti sei sbagliata. Magari hai visto soltanto uno che gli somiglia. – No, no. È lui… – Sicura? – Al cento per cento. Ho vissuto con quello stronzo per due anni. Penso di poterlo riconoscere, quando lo vedo. – Dov’era? – Al bancone del bar. Stava prendendo una birra. Gli andasse di traverso. – Stai esagerando. – Al contrario. Mi sto contenendo. – Ma dài… – Quel pezzo di merda sapeva che sarei venuta qui. – Lo sapevo anch’io. – Sì, ma a te ti ho invitato. La cosa è diversa. Molto diversa… – E se fosse un incontro casuale? – In che senso? – Tu vieni qui. Lui non lo sa. Esce e decide di venire qui anche lui. E qui tu lo incontri. – No. – No, cosa? – Il tuo ragionamento non regge. – Perché lui, quello stronzo, oltre ad essere un pezzo di merda, è anche un figlio di… – Basta così. Ho capito dove vuoi arrivare. – Non ti facevo così intelligente. – Usciti da qui, ti porto al pronto soccorso. – Perché? – Forse lì riescono a capire cosa ti ha morso stasera.
– Scusa… – Tranquilla. Non è successo niente. – Davvero? – Ma sì. So che stai passando un periodo… – … di merda. – Sei particolarmente scatologica, oggi. – Eh, lo so… – Vuoi che ci spostiamo? Che andiamo via? – Ma neanche per sogno. Figurati se gli do questa soddisfazione… – Magari non ti ha nemmeno visto… – Senti: se io ho visto lui, allora lui ha visto me. – Mah… Fai come credi. – Seguirò il tuo consiglio.
– Mi fai ballare? – Volentieri. Ti è passata, un po'? – Per niente. Però, se mi muovo, magari non ci penso. – Potrebbe anche funzionare. – Ne dubito. – Proviamo. Non ti costa niente. – E proviamo…
– Potresti cercare di essere meno rigida? Mi fai fare una fatica… – Bastardo. – Eh?… – L’ho visto. – Dove? – Là. A quel tavolo. Adesso vado da lui e gli spacco una sedia in testa. – Non puoi. – Perché? – Sono di plastica. Infrangibili. – Meglio. Così si rompe lui.
– Ti posso chiedere una cosa? – Certo che puoi. – Cosa te ne fai dell’ombrello, che non piove? – Mi dà sicurezza. Come la coperta di Linus. – Non sarai un po’ paranoico? – Niente affatto. Per me è una questione filosofica. – Addirittura… – Sì, sì. Vedi, io ho la certezza matematica di tornare a casa asciutto. Gli altri, no. Comunque vedrai: quando usciamo, piove. – Sembri sicuro di te. – È l’unico campo nel quale mi riesce d’esserlo. – Non l’avrei mai detto. – Adesso puoi dirlo. – Balliamo? – Lo stiamo già facendo. Da venti minuti.
FRATEARRIGO [fratearrigo@hotmail.com]
|