Che pace, che quiete. Al termine di una dura settimana di lavoro non c’è nulla di più rilassante che potersi sprofondare in poltrona, una bella poltrona da giardino, all’ombra degli alberi e godersi questa brezza leggera che viene dalla campagna. Niente telefonate, decisioni da prendere, ordini da eseguire, solo sollievo per il corpo e per la mente. I fiori appena sbocciati da contemplare e il loro profumo ancora incerto, la geometrica perfezione delle aiuole ed il perfetto impatto cromatico. Ma ecco: una figura losca e minacciosa fa la comparsa nell’eden immacolato. Mento basso e testa incassata nelle spalle, sguardo cinico ed aria noncurante. Passo felpato, due paia di zampe. Ancora quel gattaccio dei vicini che si crede ai bagni pubblici. “Pussa via!” gli urlo con decisione, “Sciò!”. Quello si ferma, si volta verso di me, sbadiglia poco educatamente ed esordisce: “Dici a me?”. “Sì, dico a te” ribadisco, “vattene da qui!” Quello mi guarda stranito e risponde: “Perché mai dovrei andarmene? Io sto bene qui, posso sdraiarmi sull’erba e dormire in santa pace, rincorrere gli insetti o rifarmi le unghie sui tronchi” “Vedi di farti passare tutte queste strane idee perché questa è casa mia e così pure tutto il giardino che vedi. Tu non puoi stare qui: è proprietà privata” L’intruso mi squadra con aria confusa e poi chiede: “Proprietà privata? E che significa?”. “Significa che ciò che vedi è mio e lo posso usare solo io”. “Ma questo lo dici tu!” esclama, “Perché dovrei starti a sentire?” “Come sarebbe? Io quest’area l’ho comprata pagandola a caro prezzo coi risparmi di anni di duro lavoro e sacrifici” “Che vuol dire comprata?” “Che prima era di un altro proprietario con cui ho trattato il prezzo ed una volta trovato l’accordo gli ho corrisposto la cifra pattuita. Abbiamo firmato un documento ufficiale che ne attesta il passaggio di proprietà ed è tutto registrato, piantina, area e nome del proprietario, che sarei io” “Il documento di cui parli l’avete sottoscritto in due e quindi solo voi siete tenuti a rispettarlo. Io non ero presente e per me non vale nulla” “Ti sbagli, perché l’atto è stato redatto da un apposito ufficiale il cui compito è controllare la validità della procedura di compravendita così come indicata dalla legge. La legge è stata stabilita dai nostri rappresentanti da noi eletti quindi indirettamente da noi stessi ed il fatto che il contratto sia conforme ad essa lo rende automaticamente accettato da tutti. Perciò vedi di andartene al più presto se non vuoi beccarti una bella denuncia”. “Per cosa?” “Per invasione della mia proprietà. Sei entrato senza permesso” L’intruso non sembra per nulla intimorito dalla mia minaccia, anzi si siede comodamente e mi squadra coi suoi occhi gialli e inquisitori. “Mi spiace ma i principi che tu esprimi non appartengono alla mia natura per cui non posso ottemperare a nessuno degli obblighi che ne discendono. Essi sono dettati dalla legge che come dici viene rispettata dai cittadini in quanto persone che appartengono ad uno stato e partecipano al suo ordinamento. La legge che tu rispetti l’hai dettata nel momento in cui hai votato i tuoi rappresentanti ed essi in tua vece l’hanno stabilita. In questo modo tu hai determinato la legge e la riconosci in quanto riconosci te stesso. Per me invece non può valere in quanto io non l’ho votata nemmeno indirettamente. Io non sono cittadino, non posso godere dei diritti della legge e quindi non intendo nemmeno piegarmi ai suoi doveri.” Mi sembra di intravedere una smorfia sotto i suoi baffi. “Caro mio, il fatto che tu ti dichiari al di fuori dalla legge non ti permette di infrangerla, sarebbe una scorciatoia troppo semplice per sottrarsi ad ogni obbligo da parte di chiunque. Tu ritieni che ciò che ti impongo sia illegittimo perché proprio di solo una parte degli esseri viventi ma ti sbagli. Sin dal principio ognuno ha sempre dovuto rapportarsi con gli altri per far fronte ai propri bisogni e questo continuo esercizio all’interno del medesimo territorio ha determinato inevitabilmente lo stabilirsi di consuetudini e regole tradizionalmente riconosciute. La legge attuale è stata scritta solo per codificare i nostri comportamenti in maniera univoca, facilmente riconoscibile ed accessibile da parte di tutti. Tutti coloro che risiedono nel nostro stato sono dunque soggetti alle sue leggi e chi le infrange è un criminale. Il tuo ritenerti fuori dalle leggi implica l’essere fuori dallo stato e fa di te un clandestino. Devi dunque essere espulso, per ora dalla mia proprietà, dopodiché dallo stato” “Continui ad applicarmi criteri che sono propri della vostra legge ma ritengo che ciò non possa avvenire. Secondo quanto dici, i principi in essa stabiliti regolano la convivenza secondo criteri di equità che garantiscano un quieto vivere tra le persone. Ogni cittadino è soggetto ai doveri della legge ma gode anche dei suoi diritti e questi due aspetti tendono a bilanciarsi. Se dunque tu ritieni di dover applicare su di me i doveri bisogna che mi vengano riconosciuti i diritti. Perché io possa essere espulso bisogna che lo si faccia verso una qualche destinazione ma non vi è alcuno stato in cui io potrei essere ritenuto cittadino, sarei sempre considerato clandestino. Ho dunque diritto al riconoscimento di me stesso e dunque del mio popolo” “E sia. Venga dunque riconosciuto il popolo dei gatti e siano i vostri rappresentanti a trattare con i nostri in merito ai reciproci rapporti di convivenza. Una volta sottoscritti dovrai accettare le nostre regole senza inutili discussioni. Anzi, dovrai scontare tutte le pene arretrate dovute alle infrazioni compiute fin’ora in quanto lo stabilirsi di giusti rapporti non può certo prescindere dal passato” “Hai ragione, patti coerenti debbono tenere conto di quanto avvenuto ed una volta riconosciuta la nostra esistenza lo stesso avverrà per le nostre azioni pregresse. Tutti i comportamenti ormai integrati con i vostri saranno dunque formalizzati e da ciò ne nasceranno i nostri primi diritti. Io ed i miei antenati ad esempio camminiamo in questi prati da anni e non possiamo che acquisirne il diritto di passaggio in quanto è certificabile che noi vi siamo sempre passati mentre non è presente alcuna ingiunzione che ci impedisca di farlo.” E detto questo si rialza in piedi come a sfidarmi e non pago delle sue parole solleva la zampa posteriore sinistra e orina sui fiori. “Vigliacco” gli grido mentre il sangue mi sale alla testa “credi di avere il diritto di deturpare i fiori che ho curato con tanto affetto? Beccati questo!” e preso uno stivale posizionato accanto alla poltrona lo lancio verso di lui sperando di colpirlo in pieno. Quello lo schiva e scappa, cercando rifugio oltre la siepe. Se l’è cercata dopotutto. Crede di venire qui a rivendicare diritti e stravolgere formalismi accertati. Ben ti sta. Dopotutto la prima legge è sempre quella del più forte. Ah, finalmente un po’ di pace. Tutte queste idiozie mi hanno stancato. Ho bisogno di riposare. Il cielo è limpido, il vento leggero ha spazzato le poche nuvole bianche che vi sostavano ed ora nell’azzurro intenso scorrazzano festosi gli uccelli. Li osservo nelle loro evoluzioni imprevedibili e affascinanti. Uno, più vispo, piroetta velocemente su se stesso, sfiora veloce le cime degli alberi e planando verso di me … PLOP mi scarica i suoi escrementi direttamente in testa. Dannato uccellaccio. Sicuramente un anarchico.
ANDREA [arivieri@yahoo.it]
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