“Ho pescato un pesce” mi dice il francese. Io gli ricordo che sono vegetariano. Lui mi ricorda che sono un idiota, sul fiume non di sole alghe vive l'uomo. “Quando saremo a riva mangerò radici, ma durante il banchetto non chiedermi di mangiare questa povera bestia”. Il francese stordisce il pesce sul bordo della Westfalia, la sua barca preferita, poi estrae la pergamena. “Alla scheda 135 ho scritto che questo mostro bavoso è un siluro. E' perfino più brutto di te”. Se ci becca lo stregone ci farà impalare, la scrittura rovina l'esistenza di intere generazioni, è pericolosa, letale. Ma il francese non ci può fare nulla, l'ama almeno quanto le donne. Mi corico sul fondo della barca. “Passa”, gli dico ed esamino la pergamena. “E' di buona qualità – osservo – ma il contenuto?”. Il francese si guarda intorno, poi si eclissa con me nel dolce ventre della Westfalia. “Tranquillo - mi dice – è tutto sopraffino. Eh? Cosa ne dici?”. Gli restituisco il volume. Lo sa che non mi piacciono i libri di fantascienza. Insiste. “Il grande fiume, il mare, la fertile pianura senza fine, lo sai che sono cose vere. Noi ci viviamo. Guarda i disegni, ho chiamato a raccolta i più grandi pittori rupestri. Cosa ne dici, eh?”. Lo accontento, altrimenti capace che mi legge il libro intero e buonanotte, non si torna più a casa. E' pieno di immagini di suini navigatori, formiche che scopano, donne volanti, mucche che impugnano racchette come quelle che usiamo ai piedi quando nevica, costruzioni futuribili, oggetti giganti nel cielo, strani arnesi per produrre suoni. Liquido la cosa bollandola come ridicola, poi mi tiro su per remare. Mi afferra per una spalla e mi tira sul fondo. “Non hai letto nulla, ma ti assicuro che è divertente” e mi sussurra un brano sulle zanzare che non farebbe ridere nemmeno il capo tribù, che si diverte con nulla. “Questa non è fantascienza” mi dice. “Io lo so che a te quest'opera piace, solo che non vuoi darmi la soddisfazione. Eh? non è vero?”. “E' ora di declamare” gli rispondo. E' vero, non gli do soddisfazione. Il francese salta in piedi con un'energia tale che per poco non cade in acqua. Tutt'intorno a noi decine di piroghe inneggiano a lui, gli occupanti applaudono, fischiano, tirano orecchie suine e flagellano l'aria con code di vacca. “Banchetto, banchetto!” gridano. Ma il mio amico è irremovibile. Prima la cultura, dice, che in realtà sono solo invenzioni di un invasato. Leva le mani al cielo, come per abbracciare idealmente i presenti. “Io lo sento – urla – qui sorgerà una grande città, galleggiante sul fiume o appena a riva, e come noi verrà invasa e distrutta, invasa e distrutta, invasa e distrutta, e così per secoli”. Le facce dei presenti non sono mica tanto belle. Si guardano, grigi. “Devi raccontargli qualcosa di più divertente, prima che ci piantino qui da soli”. “Crescerà una città di suini e di vacche, e un giorno la civiltà sarà talmente avanzata che, se noi del maiale mangiamo solo l'orecchio, loro non butteranno via nulla, come è scritto alla scheda 41”. Quelli sulle piroghe sfogliano le pergamene che il francese ha regalato loro, leggono e fanno facce schifate. “Li stai impressionando” dico. “Non ci saranno più duecentosei dei, che noi veneriamo con grande dispendio di tempo ed energie, ma tutti, dal dio dell'alluce a quello del sorriso, si fonderanno in un unico dio, che sarà venerato all'interno di costruzioni di pietra sopra grandi piazze. Qui e qui e qui” dice, indicando la distesa dell'acqua appena increspata. Il francese è un fenomeno, parla di case giganti dove abiteranno le persone che possiedono grandi tesori, cosa che non accadrà mai, almeno da noi, che barattiamo solo roba da mangiare e se vediamo uno che accumula lo rinchiudiamo fra i malati di mente. “Buffet!” gridano i pagaiatori, un po' perché non trovano bello andare avanti e indietro sul fiume a immaginare cose che ancora non ci sono e non si vedranno mai, un po' perché mangiare, oggi come oggi, è il solo modo per sentirsi vivi. E allora il francese tira fuori le sue invenzioni dell'ultima ora, ricette strane, fatte di uova e mandorle, frutta conservata nei vasi, alimenti ricavati dal latte di mucca, e giura che tutte queste cose saranno prelibatezze della civiltà che nascerà su questo fiume. La previsione mette di cattivo umore i presenti, perché si tratta di bontà alle quali si potrà accedere solo dopo generazioni e generazioni ed è dannoso parlare di cose gustose a un popolo che mangia radici e pesci. E comunque tutto rientra nel calderone della più ottusa fantascienza. “E poi ci saranno uomini illustri” si esalta il francese. “Ora adesso chi conoscete di illustre, oltre a me, lo stregone e il capo tribù? E invece un giorno non solo ci saranno i ricchi e i segretari di dio, ma sarà illustre uno su due o tre, io stesso me ne sono inventati parecchi, per farvi capire come dovrebbe funzionare, le persone non canteranno più in barca, ma nelle piazze o dentro grandissime case, i suoni si moltiplicheranno e alle percussioni dei tronchi cavi si aggiungeranno legni sottili che opportunamente stimolati...”. Il francese si becca una scarica di orecchie di suino, che da noi può significare che disapprovi, o che approvi. Lui crede nella seconda ipotesi e prosegue imperterrito. Una piroga affonda di stanchezza, gli occupanti si ammassano su quelle più vicine, che barcollano. “Le foreste scompariranno, rimarranno minuscoli rettangoli verdi in mezzo a case e costruzioni falliformi contenenti vasi sonanti o prigionieri. Sarà un mondo migliore?”. Per tutta risposta i presenti gettano in acqua le pergamene. Il francese si tuffa per recuperarle, noi gli lasciamo la Westfalia e ci portiamo a riva. A casa sua, personalizzata con l'insegna di un pirata, ci aspetta la sua minuscola tribù. Tutti ci riversiamo dentro, occupando gli spazi fino al soffitto e oltre, sopra la paglia del tetto. “Com'è andata?” mi chiedono quelli che erano rimasti a preparare il banchetto. “Fantascienza – rispondo – e a me la fantascienza non piace”. Assaggio i prodotti tipici che il francese ha fatto preparare per coronare degnamente le sue allucinazioni a occhi aperti: attingo a radici, succo di radici e torta di radici, ma volendo ci sono anche pesci, topi, rettili in salamoia e cavallette fritte. Si parla di come sarebbe bello se esistessero i cibi di cui il francese farneticava, ma se c'è un argomento spiacevole è quello che riguarda l'impossibile, come una città sul fiume, templi per un solo dio, guerre per rubarsi le terre e uomini più importanti di altri. Per esempio il nostro stregone, che è importante, alla fine lava sempre i piatti di tutti, e il francese, che si distingue per le sue iniziative strampalate, è un capro espiatorio su cui si riversano i molteplici umori della comunità. Così, quando compare sulla soglia con le pergamene grondanti, viene investito da una raffica di orecchie di suino, che può voler dire che il banchetto fa schifo, o che piace, indifferentemente. Sceglie la seconda ipotesi, perché è un ottimista di natura, solleva le pergamene e annuncia che ha intenzione di chiamarle Guide illustrate di Cremona. “Cosa sarebbe Cremona?”. Il francese si siede e addenta un ratto gratinato. “Una città. Prima o poi nascerà e avrà un nome, dico io. Non sei d'accordo? Lo so che sei d'accordo, ma non vuoi darmi la soddisfazione. Dimmi che sei d'accordo”. “Vuoi fare una cosa utile nella vita?”. I suoi occhi brillano di gioia e di pazzia. “E' il mio sogno”. “Mano alle armi, allora, stanno arrivando i barbari”. Il francese guarda fuori dalla finestra, ma mica si scompone. “Lo sapevo, lo sapevo – esulta – è come ho scritto, invasione e distruzione, invasione e distruzione. Non è fantascienza, caro mio, questa è già storia!”. Noi rischiamo di essere annientati e lui esulta per la sua stupida guida. Ha un'invidiabile capacità di trasformare la peggiore vicenda in occasione. Sta già correndo incontro agli invasori con le pergamene, se rimarrà vivo proporrà una guida in lingua barbara. E' incorreggibile, ma è il francese, chi lo conosce bene sa che viverci assieme può anche significare morire ridendo.
ROBIROBI [cpkpst@tin.it]
|