Non si incolpi nessuno, sono io. (F. M. Dostoevskij)
Prima parte
C’è un uomo. Guarda in basso. Altezza battiscopa. Si pulisce il naso con la mano. Si muove di qua e di là. Senza una direzione precisa. Senza una finalità. Ha la barba lunga, le occhiaie. È a casa sua. In una specie di salotto. Gira attorno al divano, che ha una molla che spunta da un cuscino. Un tavolo basso davanti al divano. Qualcosa lo disgusta. Sembra troppo stanco per essere molto disgustato. Lo è un po’. Guarda fuori dalla finestra. Un attimo. Poi riprende a guardare in basso. Dà qualche calcetto nell’aria. Muove le gambe come se si stessero intorpidendo. Il disgusto è quasi nausea. Per terra ci sono carte e altri piccoli oggetti. Cacciaviti, scatolette, un piccolo bidone per la spazzatura. Qualche libro. Una ciotola. Su una credenza c’è una scatola di biscotti per cani. Con intenzione va verso destra, dove c’è un frigo. Lo apre e prende una bottiglia di latte. Beve. Uomo - (sputando un sorso di latte) Puah! Ah! Che schifo. Io, beh. Al diavolo. Cos’è oggi? Ah, sì. Sì. E’ oggi. (l’uomo si siede sul divano). Va bene, va bene. Son pronto. Io … io non mi ricordo quasi più. E’ strano. Aveva un muso … ahhh (fa una smorfia, si alza e va a riprendere il latte dal frigo; beve un lungo sorso con disgusto). Il muso, sì. Il naso. No, il naso … ahh. E’ oggi, sì? Sì. E’ oggi. A che ora, a che ora … le sei? No, le sei no. Le quattro? Le quattro forse. Mezz’ora. Manca mezz’ora. No, di meno. Cosa gli dico? E’ lui. Lui che dirà. Ma poi, anche se non dice … è uguale. Dica. Oppure non dica. Al diavolo anche lui. Sono pronto? Ma sì, ho detto di sì. Che ci vuole. Per forza. Tanto, anche se non sono pronto … non devo prepararmi niente. Parlo. Normale. Naturale. Faccio tutto quanto. Sì, ma se poi mi chiede … ma no. Non chiede nulla. Un supplemento magari. Che supplemento? (fa un gesto come di un pugno) No, no. Macché. Ormai. Il fatto è fatto. Sarà di parola. Ma sì, certo. E’ una persona così seria. E pallida. Pallido e serio (sorride). E poi non è lui che decide. Sono loro. E anche loro sono seri. Però la rabbia … non so se la rabbia è rimasta. Perché di rabbia ce n’era. Ehhh … ce n’era. Ora no. Ora è solo calcolo. Promessa. Organizzazione. Quant’è passato? Chi si ricorda … dieci anni? Quindici? Quindici. Aspetta aspetta … (prende la scatola di biscotti e legge) Scadenza sedici aprile millenovecentonovantadue … sedici anni (scuote la scatola e guarda dentro). Ancora metà … quel giorno li aveva mangiati? Sì. I biscotti sì, i biscotti sì. Mi ricordo. I pezzetti? I pezzetti no. I pezzetti … ahhh (va di corsa verso il frigo,apre e beve una lunga sorsata, rimette il latte dentro e chiude con forza). Pezzetti (dà un calcio a una scatoletta). Io... faccio quello che vogliono. E basta. Tanto, ormai. Sì, la colpa è mia. Non è bastato fargli … no. Adesso sta a me. Sì. A me. (guarda all’insù) Però non lo so. Come farà? Ci penserà lui? O sarò io? Mi lascerà la scelta? Cosa gli avranno detto loro? E cos’è peggio? Peggio se sono io o se è lui? Forse è uguale. A questo punto cambia poco. Certo che … aspettare così tanto. Come hanno fatto? Ad avere la pazienza, come hanno fatto? La rabbia e la pazienza. Hanno avuto rabbia e pazienza. Non lo capisco tanto. Va bene però. Non devo capirlo per forza. Io, se fossi stato in loro … no, non lo so. Non si può dire. Non avrei aspettato sedici anni. Questo è sicuro. E poi Bric che c’entrava? Ma no, Bric certo che c’entrava, è stato lui ... però … se gli davo i pezzetti … ahhhh (smorfia). Non so (suona il campanello). Ecco. L’uomo esce per pochi istanti. Poi torna con un altro uomo. Serio e pallido. Ha la faccia di un uomo che porta sempre una valigetta. Ma adesso non ha nessuna valigetta. Altro uomo – Buongiorno. Uomo – Buongiorno, sì. Anche a lei. Altro uomo – Mi aspettava. Uomo – Sì. Sì. Io, sì. Ricordavo. Altro uomo – Posso sedermi? Uomo – Sì. Certo. Sieda qui (dove il divano è in buono stato). Io invece siedo qui (dove spunta la molla. Poi si sposta un po’ e siede più comodo). Altro uomo – Come sta? Uomo – Io, beh. E’ tutto a posto. Altro uomo – Mi hanno detto di portarle i loro saluti. Uomo – I signori? Altro uomo – I signori. Uomo – Come stanno? Altro uomo – Stanno bene. Abbastanza bene. Meglio il signore della signora. Uomo – Oh. Cos’ha la signora? Altro uomo – Davvero non lo sa? Uomo – No. Altro uomo – Problemi. Problemi fisici. Una parte del suo stomaco … non mi faccia raccontare i dettagli. Uomo – Come vuole. Il signore invece sta bene? Altro uomo – Sì, quasi bene. L’epatite è sotto controllo.
(Pausa.)
Altro uomo – Si sente pronto? I signori vorrebbero saperlo. Uomo – Non lo so. Mi dica una cosa. Altro uomo – Sì. Uomo – Se non sono pronto? Altro uomo – Scusi? Uomo – Se non sono pronto … come funziona? Cambia qualcosa? Altro uomo – Lei sa che la cosa andrà comunque... Uomo – Certo, certo. Dicevo per dire. Altro uomo – Lo so. E lo sanno i signori. Lei è sempre stato affidabile. Uomo – Finora. Stavolta però ... Altro uomo – Chi è affidabile lo è sempre. Uomo – Può darsi, sì. Altro uomo – Quindi tutto sommato è pronto? Uomo – Mi sembra di sì.
(Pausa.)
Uomo – Sa, non sento più i sapori. Altro uomo – Come? Uomo – Io mangio. Poco ma mangio. E bevo. Ma non sento i sapori. Altro uomo – Capisco. Uomo – L’unica cosa che sento è il latte. Altro uomo – Ah. Uomo – Non il latte normale. Il latte scaduto. Rancido. Bevo il latte rancido. Altro uomo – Sì. Uomo – E non so se lo bevo per sentire qualcosa o per sentire qualcosa di rancido. Altro uomo – Mi dispiace ma lo sa … dovremmo evitare questo tipo di discorsi. Uomo – Perché? Altro uomo – I signori non amano che lei si pianga addosso. Uomo – Oh. D’accordo. Altro uomo – O che cerchi di dire qualcosa di … Uomo – Di? Altro uomo – Stravagante. Qualcosa che serva a stupire. Se non le dispiace dovremmo essere un po’… Uomo – Un po’ più banali? Altro uomo – Esattamente. Cosa ne pensa? Uomo – Niente. Non penso niente. Per me va bene. Vuole qualcosa da bere? Altro uomo – Che cos’ha? Uomo – A parte il latte, solo acqua. Altro uomo – Bene. Prendo l’acqua se non le dispiace.
L’uomo si alza e prende dal frigo la bottiglia dell’acqua, poi prende dalla credenza due bicchieri e li appoggia sul tavolino davanti al divano e si risiede.
Altro uomo – Un’altra cosa che vogliono sapere i signori è come ha passato questi anni. Uomo – Cosa vogliono sapere di preciso? Altro uomo – Cosa ha fatto? Uomo – I signori sanno cosa ho fatto. Altro uomo – Prego? Uomo – Sanno che non ho fatto niente. Che non ho lavorato. Non sono stati loro che hanno parlato con … Altro uomo – Certo che sono stati loro. Questo cosa c’entra? Uomo – Come cosa c’entra? Altro uomo – Lei aveva intenzione di continuare a lavorare? Uomo – No, io … non lo so. No, direi di no. Altro uomo – E poi direi che sono stati molto generosi. Economicamente. Non crede? Uomo – Sì. Sì. Altro uomo – Allora non parliamo di quello che i signori hanno o non hanno detto. Uomo – Come vuole.
(Pausa.)
Altro uomo – Le dicevo, i signori vorrebbero sapere cosa ha fatto qui in casa. Uomo – Io … niente. Sono stato qua e basta. Altro uomo – A pensare? Uomo – A pensare, a volte. E a non pensare. Altre volte. Altro uomo – A cosa ha pensato? Uomo – A tutto quanto. Altro uomo – Sia più preciso. Uomo – Ho pensato … per esempio a Nino. Altro uomo – Lei sa che i signori non vogliono che lei lo nomini. Uomo – Lo capisco. Ma se vuole sapere a cosa ho pensato devo per forza dire … Altro uomo – Non per forza. Uomo – D’accordo.
(Pausa.)
Altro uomo – Dunque ha pensato al bambino. Uomo – Sì. Altro uomo – Spesso? Uomo – Sì. Altro uomo – I signori sono infastiditi anche da questo, lo sa? Uomo – No. Questo non lo sapevo. Altro uomo – E’ un po’ tardi per pensare a lui, non crede? Uomo – Forse sì. E’ tardi. Altro uomo – E a Bric? Uomo – Cosa? Altro uomo – A Bric ci pensa, sì? Uomo – Sì, certo. Altro uomo – E cosa pensa? Uomo – Penso … Altro uomo – Sì? Uomo – Penso che è triste. Altro uomo – Cosa è triste? Uomo – E’ triste. Altro uomo – Cosa è triste, le ho chiesto. Uomo – La fine. La fine che ha fatto. Altro uomo – La fine che ha fatto Bric? Uomo – La fine che ha fatto Bric. Altro uomo – La trova ingiusta? Uomo – Non ho detto questo. Ho detto che è triste.
(Pausa.)
Altro uomo – Quindi lei in tutto questo tempo ha pensato soprattutto a Bric. Uomo – No. No. Altro uomo – Io credo … i signori credono di sì. Uomo – I signori non possono sapere … Altro uomo – I signori possono sapere e sanno. E quello che ha appena detto lo conferma. Lei non ha affrontato la cosa. Uomo – Cosa vuol dire? Altro uomo – Lei si è concentrato solo su un aspetto. Tralasciando l’altro. Uomo – Si sbaglia. Se parla del bambino le assicuro che … Altro uomo – Lei non deve assicurarmi niente. E comunque non importa. Uomo – Io … non so. Davvero. Ho sofferto per Bric, è chiaro. Ma questo non significa che non penso a … Altro uomo – Lei sa che anche se pensasse solamente al bambino non cambierebbe nulla. Uomo – Lo so. Altro uomo – Quasi nulla. Uomo – Sì. Altro uomo – Che per quello che è successo non esiste riparazione. Uomo – Sì. Lo so. Altro uomo – Che anche se non avesse mai più pensato a Bric non smetterebbe di essere colpevole. Uomo – Non mi dice nulla di nuovo. Altro uomo – No? Uomo – No. Qualsiasi cosa lei possa dirmi, io me la sono già detta. Altro uomo – E con questo? Uomo – No, niente. Altro uomo – Con questo vuole forse intendere che ha già patito abbastanza? Uomo – No, per niente. Altro uomo – Sa perché patisce? Perché patisce ancora? Uomo – Perché? Altro uomo – Perché lei è vivo. Uomo – Mh. Altro uomo – Sa perché Nino non patisce più? Uomo – Perché … Altro uomo – Infatti. Ma ha patito, sa? Si ricorda? Si ricorda quel giorno? Uomo – Sì. Lo ricordo. Altro uomo – Ricordiamolo insieme, allora. Uomo – Non capisco a cosa … Altro uomo – Non è importante che capisca. E’ importante che ricordi. Cosa ricorda?
(continua...)
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