Lo so, è confuso, ma sono confuso anch’io. E credo sia il minimo che ci si possa aspettare da me. Io sono morto. Carlo Lucarelli
Lo ricordo come fosse domani. Il giorno in cui sono morto per la prima volta, pioveva. Anzi, diluviava. Un’acqua feroce e incessante si abbatteva senza requie su persone e cose, con l'arroganza di chi ritiene di potersi permettere ciò che vuole. L’ho considerata una mancanza di rispetto postuma. Da vivo, infatti, ho sempre detestato la pioggia. Ero ossessionato dalla paura di lasciare l’ombrello da qualche parte. Forse è per questo che ne ho persi tanti.
Quel giorno lei non c’era. Me l’aveva giurato. Ci eravamo praticamente dati appuntamento. Senti, io mercoledì muoio. L’ho saputo pochi minuti fa. Avrei piacere fossi presen-te. Ci sarò senz’altro. Mi raccomando, però. Sai, è la prima volta e non sono mica abituato. Non so se riesco a morire tranquillo, senza di te. Ti ho detto che ci sarò. Allora ci conto. Contaci. Qualcosa dev’essere andato storto. Oppure ho sbagliato i conti.
Mi è dispiaciuto molto che lei non ci fosse. Sono abituato ad avere vicine le persone cui tengo, nei momenti importanti. E la mia prima morte era un momento importante. Oltretutto non sapevo bene cosa aspettarmi. Tutti a dirmi di stare tranquillo, che non sarebbe successo assolutamente nulla di particolare. Devo ammettere che avevano ragione. Ma quando mi chiedono com’è stato, non so cosa rispondere. Non ci ho capito granché nemmeno io. Eppure c’ero. Ma sto divagando. Lei non era venuta. Non mi aveva fatto sapere nulla. Non sapevo cosa potesse esserle successo. Ero preoccupato, perché era una donna di parola. Se ti diceva che una cosa la faceva, la faceva. Punto e basta. Senza sgarrare di un decimo di millimetro. L’avevo conosciuta in circostanze fortuite. In un luogo dove non avremmo dovuto essere, né io né lei. Ci eravamo scambiati qualche parola, due o tre battute, diverse opinioni, i numeri di cellulare, la promessa di rivedersi appena possibile. E un po’ di liquidi organici. Finalmente ho saputo cosa è successo. C’è stato un equivoco. Che non è dipeso in alcun modo né da lei né da me. Noi, insomma, non c’entriamo. Me l’hanno spiegato alcune conoscenze in comune: il giorno in cui sono morto per la prima volta lei non c’era perché non poteva esserci. Stava effettivamente venendo da me. Voleva assistermi. Tenermi la mano mentre affrontavo un’esperienza della quale non sapevo nulla e che un po’ di paura me la faceva anche. Solo che la sua auto era stata letteralmente sminuzzata da un mastodontico autotreno a pochi isolati di distanza dal luogo della mia dipartita. E la colpa non era sua. Al contrario. Si è trattato del solito disguido burocratico. Il Responsabile dei Decessi, di solito molto attento a queste cose, si era sba-gliato. In pratica, aveva anticipato il momento della sua terza morte. Lei non lo sapeva nemmeno ciò che le sarebbe successo quel giorno. Sì, perché quando tocca a te – che sia per la prima o per la sesta volta non importa – hanno almeno la delicatezza di avvisarti. Così ti puoi preparare. Morire all’improvviso crea sempre dei casini. Perdi la memoria… non sai più chi sei… vai in confusione… e prima che tu possa riprenderti ci vuole veramente un sacco di tempo. A lei proprio questo era successo. Morte imprevista. Dovevano aiutarla a rimettere insieme i pezzi. Per questo non ne avevo più avuto notizie. Quel giorno lei non c’era. Ora so perché. Sto ancora aspettando. Hanno detto che mi avrebbero fatto sapere qualcosa in tempi brevi. Speriamo. È un po’ che sono morto. In teoria, mi dovrei reincarnare da qualche parte. O rinascere. O Dio sa quale altra assurdità. Dopo di che, morirò un’altra volta. E così via. Sono curioso. Di vedere cosa mi capiterà, quale mai potrà essere la mia nuova condizione. Magari la incontrerò di nuovo. È raro, dicono, ma può capitare. Spero solo una cosa. Che non piova la prossima volta che muoio.
ABATE LUNARE [abatelunare@gmail.com]
|