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FOGLIAZZA
  02.10.2007 | 13:32
DI MAMME CE N'E' UNA FOLLA
 
 

PRIMottobre200sette... udienza o più correttamente "udite udite".
Strilloni da microfono e imbrattatori di carta che fanno la "punta", maledizioni bascicate dal pubblico alla gabbia. L' Antonella, dietro le sbarre, mastica una cicca. Vien fatto di pensare che mastichi amaro, quello che le resta, sbriciola la vita con i denti. Fine dello zucchero. La Paola entra, mani in tasca, e comincia a raccontare. Anche lei mastica, ma quel che le resta è la vita masticatale e sputata dagli altri, la sua, senza più lui, anche se ne resta un altro. E la Paola non ha saliva nemmeno più per sputare.
Quello che m'indigna è che il pubblico possa sentire quello che la Paola è costretta a prendere, tra farmaci e terapia, da quella notte. Che cosa c'entra la folla non pagante con l'intimo svestito al più nudo immaginabile... che resta all'anima di questa donna? Non è passabile che la folla modesta e cretina si disseti con i pianti che interrompono il suo racconto. Perchè si deve sapere che Paola è morta anch'essa, condannata a raccontare semmai sarà finita un giorno? Ha la voce di una ragazzina che ha smesso di sognare quando si diventa grandi. E' invecchiata di quella fatica che dà la morte del domani. E' crocefissa a quella notte. E forse continua a pensare al suo Cristo come al suo impenetrabile Giuda.
Non è concesso fare scatti nè riprese, nessuno può impedirmi di ritrarre. Come nessuno continua ad impedire alla curiosità pruriginosa di entrare e uscire nell'intimità di questa mamma morta, costretta in pubblico a spalancare la sua carne. Non può leccarsi le ferite: è assediata da lingue biforcute.

Autore: fogliazza

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