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  19.11.2010 | 18:20
ora siete liberi
 
 

Non parlatemi di satira. Non ne voglio sapere.
Perché saranno vent’anni ormai che la satira annaspa. Altro che edonismo, ma quale crisi dell’ideologia? Non prendetevela col drive-in, ma che c’entra il bagaglino? La satira se l’è pappata in un sol boccone Silvio Berlusconi nel novembre del 1993. Sono diciassette anni che non si parla d’altro. Poi finalmente Benigni appare in TV e ha il coraggio di esternare ciò tutti già pensano. E supplica Berlusconi di non mollare. Per il bene, appunto, della satira italiana.
Per tutta risposta, dal divano del suo salotto Forattini tuona “la sinistra non sa fare satira”. Ma chi gliel’ha chiesto? Comunque sottoscrivo.
Poi Chiara (che ringrazio) mi segnala questo blog e il mio nichilismo finalmente vacilla. La satira esiste ancora. E’ sufficiente guardare nel posto giusto.

Ora guardate la vignetta qui sopra. E’ stata pubblicata su un periodico svizzero il giorno della liberazione di San Suu Kyi. L’autore è un certo Patrick Chappatte. Guardatela bene. Io ho fatto come voi. Ho fatto un sorrisetto stiracchiato e poi mi sono occupato di altro. Poi, lentamente, ho cominciato a sentire una sensazione di caldo, come un brodo che esonda da un piatto. Mentre il cervello oltrepassava il facile meccanismo dell’inversione mano a mano percepivo la furia dirompente, la disarmante semplicità di questa vignetta.
Questa vignetta esprime praticamente tutte le cose in cui credo. “Ora siete liberi”. Mi fa accapponare la pelle a guardarla.
Che dite, esagero?
Ma la volete sapere la cosa più sconvolgente? Che l’ha disegnata uno svizzero.
Uno svizzero, capite?
Lezioni di satira da uno svizzero.
Da non credersi.

Autore: ufj | Commenti 0 | Scrivi un commento

  17.11.2010 | 13:59
senza siesta
 
 

A posteriori un po’ mi sono vergognato.
Perché a conti fatti l’unica attività di cui mi sono occupato è stato passare a prendere le magliette rosse dello staff, tra l’altro brangognando per via del fatto che mi sarebbe toccato svegliarmi alle 10.30 invece delle 12.
Quindi, quando ho visto coi miei occhi il lavoro incredibile che i volonterosi membri dell’associazione hanno fatto per questa esposizione – tre giorni di lavoro senza sosta, anzi, viste le circostanze direi "senza siesta" – quando ho visto tutto ciò, dicevo, un po’ mi sono vergognato di indossare anch’io la maglietta rossa dello staff nel giorno dell’inaugurazione. Ho pensato che forse non ne avevo il diritto, ecco.
A mio parere quella di sabato scorso è stata una bellissima festa. C’erano molti illustratori, venuti persino dal Portogallo, c’era un folto pubblico, c’erano praticamente tutti i membri dell’associazione, c’era l’immancabile Centro Fumetto Andrea Pazienza nelle persone di Valentina e Michele – che saluto. C’era il presidente di giuria Guido Scarabottolo, che si è intrattenuto con noi fino a tarda serata. Date un’occhiata alle fotogallery linkate in homepage per farvi un’idea. Scorrete le foto dei partecipanti. Se guardate attentamente vedrete che mancano soltanto due cose: la prima è il sottoscritto, completamente nascosto dietro la lavagna a fogli mobili, estemporaneo gobbo a beneficio dell’impallonato cerimoniere. L’altra cosa che manca è il Comune di Cremona, con grande rammarico da parte dello staff dell'associazione.
Chiacchierando con me, Fabio si interrogava – giustamente – sulle ragioni del disinteresse da parte delle istituzioni per un evento di tale portata. Personalmente credo che non si tratti esattamente di disinteresse. Le amministrazioni comunali hanno piacere a organizzare le loro cose con le loro persone, pagando profumatamente eventi traballanti e mal realizzati. Questi politicanti trafficoni e i loro amici degli amici degli amici amano spartirsi la torta tra di loro, leccandosi la panna dai polpastrelli e rubandosi le briciole dal piatto. Chi invece fa le cose per bene, e per di più gratuitamente, a questa gente, gli da molto fastidio.
Magari sbaglio a generalizzare, considerando che della realtà cremonese a dire il vero non so nulla, ma ciò che succede a Parma è sotto gli occhi di tutti. Per chi ne fosse ancora all'oscuro è disponibile questa illuminante trascrizione dall'Espresso del 4 novembre scorso.
Per avere un'idea concisa del degrado e della corruzione che dilagano nel nostro vituperato stivale vi suggerisco un piccolo esperimento: andate nel traduttore di google e digitate la seguente frase: "berlusconi silvio non ha vinto le elezioni". Leggete la traduzione. Pensate si tratti di un errore di sistema? Io credo di no. Io credo che Google traduca correttamente. Ringrazio Sara per la divertente segnalazione e Luca per la foto qui sopra (là in alto a destra c'è anche la mia testa che spunta dalla lavagna a fogli mobili).

La mostra rimane aperta fino al 16 gennaio 2011. Se passate da Cremona, ma anche se dovete andarci apposta, fateci un salto. Ne vale certamente la pena. L’ingresso è gratuito. E visto che non pagate per entrare, dovesse venirvi un languorino, vi suggerisco di farvi un tramezzino nel vicino Ugo grill. Per arrivarci chiedete. In città lo conoscono tutti.

Per finire, desidero ringraziare e dare un grosso bacio a Lorena. Lei sa bene perché.

Autore: ufj | Commenti 4 | Scrivi un commento

  10.11.2010 | 18:15
anarchia d'autunno
 
 

dopo una anno e passa trascorso a prendere acari e spiders sugli scaffali elettronici della redazione di tapirelax, la mia recensione del concerto dei living colour vede finalmente la luce del display. la trovate qui. ho sempre pensato fosse una delle mie recensioni più azzeccate. speriamo che parlare dei living colour ora sia di buon auspicio e che i nostri si facciano rivedere presto da queste parti.
la foto qui sopra è di una certa milena simonato. l'ho trovata in rete e incollata qui senza naturalmente chiederle il permesso. la ragazza ha talento. online ha messo un intero book relativo a quella serata. chi fosse interessato può dare un'occhiata qui.

Autore: ufj | Commenti 0 | Scrivi un commento

  02.11.2010 | 15:14
nick hornby - tutta un'altra musica
 
 

Il termometro digitale continua a segnare trentacinque e cinque ma io mi sento i tizzoni dentro la testa. Lo getto via stizzito.
Suono alla vicina e le chiedo se per caso non è che ha in casa uno di quei termometri di una volta, graduati, di vetro, con dentro quella tossicissima colonnina di mercurio che sale e che scende cpn la temperatura.
Ce l’ha.
Bene.
Me lo metto sotto l’ascella e inizio a scrivere questa recensione.
Quando la febbre è troppo alta per alzarsi da letto e vivere decorosamente, ma non troppo alta per delirare, tremare e spaventare il resto della famiglia; quando oscilla diciamo tra i trentasette e cinque e i trentotto e due, ecco, quello è momento giusto per tirare fuori l’ultimo romanzo di Nick Hornby.
Leggere un libro di Hornby è come infilare il cervello dentro una comoda pantofola sformata. O forse dovrei dire dentro un vecchio cappellino di lana. Esattamente ciò che ci vuole, quando hai un po’ di febbre.
Una scrittura semplice e priva di acrobazie formali. Una storia lineare, cronologica, niente equivoci, misteri o indagini di sorta. Pochi personaggi ben caratterizzati, gli stessi di sempre: ormai conosciamo le loro abitudini, i loro vezzi, le angosce, i vizi, le ossessioni, il loro modo così english di autocommiserarsi.
Nick Hornby: una tachipirina letteraria.
Non tanti anni addietro mi entusiasmai letteralmente per “Alta fedeltà”, un romanzo che reputai eccezionale per molte ragioni, tra cui la assoluta originalità narrativa nonostante la straordinaria ordinarietà dei protagonisti. Dieci anni e “Tutta un’altra musica” è esattamente la stessa musica. Non so, forse sono diventato più esigente, forse sono invecchiato, oppure è soltanto la febbre che non vuole mollare, ma non riesco più a entusiasmarmi per romanzi del genere. No.
Su “Tutta un’altra musica” e sui romanzi di Hornby in generale ho speso alcune linee di temperatura corporea e alla fine ho trovato un aggettivo che li qualifica meglio di qualunque altro.
I romanzi di Hornby sono “carini”.

Tolgo il termometro da sotto l’ascella. Trentasette e otto. Forse è un po’ troppo per scrivere recensioni sensate. La chiudo qui, allora.
La chiudo qui e filo di sopra. A cercarla bene, dovrebbe esserci in giro una copia di “Tutto per una ragazza”.

Autore: ufj | Commenti 2 | Scrivi un commento