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  29.09.2011 | 11:42
aiuta un amico
 
 

Dicevo: “Ma che Facebook del cavolo. Se qualcuno mi cerca, be’, può trovarmi qui, al Dulcamara, in carne e ossa”.
E anche: “Se un tale non l’ho frequentato per vent’anni ci sarà un motivo”.
Ma sostengo anche che di coerenza siano piastrellati i cimiteri, quindi lo scorso febbraio mi sono creato un account su Facebook. Volevo giocare un po’ col social network. Volevo metterci due o tre foto, ritrovare qualche amico lontano, scrivergli due spiritosaggini. Ero convinto che Facebook fosse stato ideato per questo.
In pochi giorni ho contattato e scambiato l’amicizia con un pugno di amici. Nella maggior parte dei casi, gente che vedo con regolarità.
Da allora la mia homepage è diventata una babilonia di annunci, link a youtube, kommenti pieni di “k” al posto della “c” dura e faccine di gente che non conosco. Si aggiornano al ritmo indiavolato di un post al minuto. Ogni giorno ricevo due o tre richieste d’amicizia da fanciulle piuttosto carine. Sono stato “taggato” un centinaio di volte, qualcunque cosa ciò significhi. Ricevo quotidianamente una quindicina di mail che mi informato che il tale ha fatto la tal cosa. C’è un sacco di gente che compie gli anni, ultimamente.
I miei amici sostengono che il problema sono io. Che non sono capace di usare il network come si deve. Sarà certamente così.
Ma io non temo Facebook. Io credo che nonostante tutto Facebook soccomberà in fretta. La vera next thing non è questo inutile magma di parole e immagini. Nella rete c’era già tutto, senza bisogno di replicarlo all’infinito. La vera next thing sarà quando la rete imparerà a selezionare e filtrare per noi.
Solo allora comincerò ad avere paura davvero.

Questo post è anche un annuncio personale. Vedete, Facebook mi ha aiutato a capire che in realtà sono molto solo. E allora vorrei che mi aiutaste voi a trovare degli amici.
L’immagine qui sopra è una istantanea scattata dal profilo Facebook della mia unica amica Sabrina, che naturalmente ringrazio di cuore.

Autore: ufj | Commenti 1 | Scrivi un commento

  08.09.2011 | 11:52
indiavolata
 
 

E’ da quando la conosco che Sara desidera andare in India.
E’ andata più o meno così. Però immaginate che questa conversazione abbia il respiro di circa un decennio.
Mi porti in India?
No.
Mi porti in India?
No.
Mi porti in India?
No.


(Io e Sara siamo stati separati per un paio d’anni)
Poi:
Mi porti in India?
No.
Mi porti in India?
No.
Mi porti in India?
No.
Mi porti in India?
OK.
Cos’hai detto?
E allora quest’estate ci siamo fatti un breve giro dell’India. Delhi, Rajastan, Agra, Varanasi. Poco più di due settimane.
Ogni anno, quando torno da un viaggio, mi riprometto di scrivere un diario prima di dimenticare quelle sensazioni. Poi una sera fuori, un concerto, una grigliata e una riunione a Torino, alla fine passano tre mesi e il diario non lo faccio più. Stavolta mi sono impuntato. Stavolta mi sono chiuso in casa e sono uscito tre giorni dopo, a diario ultimato. Il risultato è un ibrido tra consigli pratici, una cronologia e qualche pensiero buttato lì alla rinfusa. Andrebbe riletto mille volte, limato, editato e impaginato un po’ meglio di così. Ma ho addosso la fregola di farvelo leggere. Cliccate qui. E tornate a scrivermi i vostri commenti, ci tengo.
La foto è di Sara

Autore: ufj | Commenti 6 | Scrivi un commento

  01.09.2011 | 15:19
tolentino arrandom
 
 

Immagino che nessuno di voi possa vantare tra le proprie amicizie nientemeno che un Direttore Artistico.
Io sì.
E sono onorato di avere avuto l’opportunità di presenziare alla sua consacrazione, il 21 luglio scorso, in quel di Tolentino.
C’erano i Wacky racers, collettivo cui fieramente appartengo, c’era la Banda Osiris, c’era la RAI e, evidentemente, c’era anche qualche penna iberica in incognito.
I Wacky racers raccontano così la loro Biennale. Questa, invece, è l’autorevole opinione del giornalista de El Pais. Le parole che mette in bocca al direttore artistico suonano grosso modo così: “Molte sono le esposizioni di opere incomprensibili, come se gli artisti fossero carbonari che parlano un codice comprensibile solo a essi stessi”. Di Gualandri rivelano la sua personale filosofia dell’arte più di quanto egli stesso sia disposto ad ammettere.
Respect.

(La foto sopra ritrae Wacky racer 2, Wacky racer 1 e Wacky racer 3. Lo scatto è di Wacky racer 6)

Autore: ufj | Commenti 0 | Scrivi un commento