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RACCONTI
Vita da single
Autore:  ANDREA RIVIERI / Pubblicata il:  18.04.2007

Dura la vita da single! Non bastano le cene con gli amici dove sei sempre capotavola perché non hai nessuno cui stare vicino. Non bastano i venditori di rose che entrano al ristorante, ti fissano con sguardo torvo e ti invitano a comprare fiori per la cameriera o per una qualche ragazza che secondo loro dovresti incontrare appena uscito dal locale. Non bastano gli sconti per le coppie di cui non puoi mai usufruire e non bastano nemmeno i film romantici trasmessi al cinema che non puoi andare a vedere se non fingendoti un critico con tanto di finto tesserino dell'ordine dei giornalisti perché altrimenti "Quel tipo che ci viene a fare, sarà mica un maniaco!".
Non basta tutto questo, bisogna anche convivere col nome "single". Ma chi avrà mai introdotto questa parola? Siamo soliti inserire nel nostro vocabolario parole inglesi a volte per sembrare più moderni, a volte per esprimere con più semplicità alcuni concetti. Ma la parola single non ci ha proprio aiutati. La pronuncia inglese le dona un senso di naturalità, di dignità, di status desiderabile. Come se qualcuno potesse sentirsi realizzato nell'essere single. Come se fosse il risultato di un lungo percorso di conoscenza interiore che ci ha aperto le porte di una nuova comunione con il mondo esterno e la natura in genere. E invece no. Niente di tutto questo. Niente idilli, niente segreti del mondo svelati, niente fuga dalla grotta platonica. Solo problemi, occhiate fulminanti, situazioni imbarazzanti e diffidenza diffusa perché "Quello lì non se l'è pigliato nessuna. Ci sarà pure un motivo, chissà cosa nasconde!". Almeno il vecchio termine di scapolo aveva in sé un certa innaturalità. C'è lo scapolo, la scapola e le scapole... è solo un problema di trovare una legge di accoppiamento che renda tutti felici. Insomma una situazione temporanea da cui si poteva uscire in qualche modo.
Come se non bastasse, bisogna fare i conti anche con la comunità e soprattutto con quelle sue parti più presenti e più invadenti. Mi riferisco alle classiche comari, quelle che sanno tutto di tutti, che ti conoscono meglio di chiunque altro e alle quali non puoi dire: "Sto con una di Milano..." perché si informano, ti pedinano, controllano i tuoi spostamenti, orari e tabulati alla mano, in modo da poter dimostrare di fronte a qualunque corte giudiziaria il tuo status di single incallito. Esse provano una forte pulsione conoscitiva nei confronti della vita delle persone e non sembrano saziarsi di quelle informazioni affrettate o sommarie che si è soliti dare a coloro che ci rivolgono domande rituali in parte impudenti in parte semplicemente noiose. Non basta loro giungere alla piena consapevolezza delle dinamiche sociali di coloro che le circondano, sentono innata anche la volontà di intervenire, di porre rimedio a quelle situazioni che ritengono innaturali, sconvenienti o comunque da fuggire il più presto possibile. Tale è sicuramente ai loro occhi la condizione del single, dello scapolo, del maschio privo di una compagna riconosciuta ufficialmente dalla comunità. E qui entra in gioco la loro abilità, la ricerca per interposta persona dell'anima gemella, di quella persona che sicuramente puÚ andare bene per noi e che in realtà, pur non avendola noi ancora trovata, è decisamente vicina e non si sa per quale motivo non ci siamo mai accorti della sua presenza. Difatti il metodo di ricerca che mettono in campo, nonostante le loro buone intenzioni, non è altro che un rozzo gioco delle coppie effettuato per tentativi ovvero proponendoti ora questa ora quella. E allora, dopo le classiche domande retoriche di rito "Come va? Hai già trovato la morosa?", iniziano con le proposte: "L'Anna andrebbe bene per te, ha studiato ed è una brava ragazza". Vero, peccato che sia un po' sfiorita negli anni, praticamente potrebbe farmi da zia. "Ci sarebbe la Maria che adesso è libera e non sta più con quel ragazzaccio di prima". Lo credo che si sono lasciati, non esiste ragazza più desiderosa di regali e regalini di lei. A causa del nome, festeggia almeno 20 onomastici differenti e ogni volta pretende una cenetta in sala privata. Chi se la può permettere questa! "E la Giovanna che è sempre così carina e gentile... e poi cucina bene" ma si mangia tutto lei dato che pesa 100 Kg ed è alta un metro e cinquanta! "Sai con chi dovresti andare? Con l'Isabella" "Ma ha già il fidanzato" "E che sarà mai! Si prendono e si lasciano come cambia il vento! Oppure l'Antonietta che fa anche sport" Già, fa una certa disciplina orientale dal nome impronunciabile... ma che le ha permesso di spedire all'ospedale un povero tizio che le ha chiesto un sigaretta mentre lei credeva che la stesse abbordando. "Eh, al giorno d'oggi voi ragazzi siete troppo difficili. State bene a casa vostra e non la volete lasciare, questo è il problema! Ai miei tempi..." e qui parte una fase di ricordi molto intensa ma che spesso permette al malcapitato di allontanarsi furtivamente.
Curiosamente, però, gli sforzi di queste brave signore non sono mai ben mirati. Spesso evitano di citare tra le ragazze la propria figlia che magari è una bella ragazza, simpatica e gentile ma ogni volta che mi avvicino a casa sua, il padre si rimbocca le maniche come per riflesso condizionato e il cane, casualmente, viene lasciato libero e finisce sempre per mordermi una gamba.


 
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