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RACCONTI
58 centimetri
Autore:  DEL  / Pubblicata il:  25.03.2006

Quattrocentosettantatre euro, investiti in qualcosa con uno sgradevole aroma di
gamberi e nespola acerba, e in fondo, cercando bene, profumo di zucchero filato
acrilico.
Il tutto là sotto. Perché qua dietro si sente solo la puzza di una cimice che ha deciso
di tirare le cuoia proprio qui. Tutti gli anni è così… crepassero almeno senza
frangere i maroni uno ci potrebbe fare l’abitudine.
E qui dietro ci stiamo anche dieci giorni, io e gli altri due, aspettando che venga
il nostro turno. Allora, dopo tutto questo buio, ci toccherà subire cromie improbabili,
in intermittenza secondo schemi da geometria analitica. E ogni anno ne
aggiungono.
Ma fosse solo quello. Quando siamo sul tavolo, invariabilmente, quello vicino
alla pastorella scalza non sono mai io. Chissà perché.
Finisco sempre in quello schifo di muschio pieno di terra. Mai che lo raccolgano
bene.
Quello con l’oro lo mettono sempre davanti, in prima fila, poi quello con l’incenso.
Figurati se si curano della mirra… mi mettono dietro anche al cammello.
Ma no, prego, scusatemi voi, non vorrei disturbare.
Una volta mi hanno confuso con un pescatore: alla fine lui è stato messo davanti
alla capanna, io sono rimasto in riva al lago di carta stagnola. Magari hanno
apprezzato più i pesci della mirra, chissà, forse costano di più. Ha anche più
senso per la storia: non è lui che poi li ha moltiplicati?
Ogni volta che mi spostano cado tre volte. Stamattina mi hanno fatto finire addosso
al cane del pastore; cercando di tirare su il cane hanno abbattuto due pecore,
poi il carretto. Per mettere tutto a posto ci hanno messo mezz’ora e hanno
sparpagliato i sassi bianchi. È venuto uno schifo…
Maledetti sassi bianchi! Che per risparmiare tempo li prendono sempre dalla lettiera
del gatto! Poi è normale che il gatto si vendichi. È chiaro. Ma perché si deve
vendicare proprio a due passi da me?
Mi piacerebbe il posto del vinaiolo. Lo mettono sempre vicino al pozzo di cartapesta,
con le lavandaie. Sta fermo lì, lontano dalla lettiera del gatto, bello tranquillo.
Non deve mai essere spostato. Gli ho chiesto di fare cambio ma non mi
ha nemmeno risposto.
Sarà ubriaco. Sarà stronzo.
Sono sempre affascinato dalle palle dell’enorme albero laggiù in fondo. Luccicanti,
colorate, bellissime, e con una vita da brivido: basta cadere una volta e ciao,
finita. Queste sono emozioni.
Non come la nostra routine. Giusto ieri, come tutti, tutti gli anni, si sono accorti
di aver messo troppe pecore davanti alla grotta e hanno cominciato a spostarle
per quando arriveremo noi.
– Oh che pasticcio! – hanno detto – quest’anno abbiamo proprio esagerato con le
pecorelle!
Con quegli avanzi di gregge hanno esagerato fin dalla prima volta, poi ne hanno
comprati almeno tre ogni anno. Ma lasciamo perdere, che intanto hanno risistemato
tutto: guarda che bello spiazzo, ci starà comodo anche il cammello. Peccato
che siano stati costretti a cacciare pecore un po’ ovunque. Ce ne sono anche nel
lago di stagnola, anche in mezzo alle lavandaie, anche nella neve di cotone. Una
è finita sulla capanna, vicino all’angelo con la veste verde, quello che l’anno scorso
mi è caduto sulla crapa.
Non vedo l’ora di arrivare alla fine. Oggi hanno tolto di mezzo l’aroma che veniva
da là sotto, poi hanno messo il bambino nella culla. Significa che mancano
ancora quasi due settimane. Prima però mi subirò la “serata del morto”. C'è ogni
anno, e ogni anno riesco a non capirne il senso.
A un certo punto della serata, non si sa bene perché, sparano un affare di sughero,
da questa parte per non colpire il televisore. Puntualmente uno di noi viene
centrato e finisce nel baratro. Il rumore è inquietante, e l’anno dopo il centrato
non c’è più… l’anno scorso è toccato al pastore vecchio col bastone. Tanto era
vecchio.
Finalmente è il giorno.
Superati il grassone delle frittelle e la donna che fila, girato l’angolo del nuovo
baracchino di legno, siamo arrivati.
A questo punto mi gira sempre la testa, sudo freddo come i vetri appannati della
cucina. Viaggio ogni anno da là dietro alla capanna. Per arrivare davanti a un
bambino. Non è brutto, è fatto meglio del bue, e poi ha una strana cosa brillantosa
dietro la testa.
Ma preferisco la pastorella scalza.
Mah... arrivare qui ogni anno, e mai una risposta.
Dimmi qualcosa, bambino, almeno tu. Perché qui non parla nessun altro, e nessuno
mi spiega, nessuno risponde. Perché mi hanno inventato? Solo per percorrere
questi cinquantotto centimetri ogni anno? Solo per rischiare di essere investito
da un tappo di sughero, o usato come cesso da un gatto? Solo per sfiorare
la pastorella scalza?
Perché non rispondi?


 
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