Ci sono vari modi per dare una svolta alla propria vita, e a volte basta semplicemente cambiare lavoro, lasciare la fidanzata o trasferirsi in un’altra città per sistemare le cose.
Altre volte, però, capita di trovarsi invischiati in situazioni così disperate e insostenibili, che non basta più una semplice sterzata per raddrizzare la propria vita, ma serve l’intervento di qualcosa fuori dal comune, di straordinario. Ed era esattamente ciò che aveva fatto Fredric Brown per ribaltare un destino che gli era sempre stato avverso e, nonostante tutti i suoi sforzi, continuava ad essere tale.
“Diavolo!”, imprecò Fredric Brown, sbattendosi la porta della soffitta alle spalle.
La sua mano brancolò nel buio per qualche secondo, finché non trovò l’interruttore della luce, facendolo scattare con un ronzio sinistro.
Mentre la luce dell’unica lampadina inghiottiva timidamente le tenebre della stanza, ripensò alle ragioni che più di un mese prima l’avevano spinto a tentare ciò che nessun uomo sano di mente avrebbe osato solo immaginare.
Gli mancava un unico misero esame per chiudere con l’università, ma non gli riusciva di passarlo.
Maledetti Euclide, Pitagora e la geometria tutta! E con le donne andava anche peggio: l’ultima volta che era uscito con una, aveva dovuto pagarla, per poi accorgersi che quella stronza gli aveva pure fregato il portafogli.
Per non parlare di quella piccola somma mensile che gli passavano i suoi e che se ne andava sempre troppo alla svelta, con tanti saluti a sigarette, birre ghiacciate e donne da marciapiede.
Ecco come si era ridotto Fredric Brown, con la vita che lo prendeva a calci nel didietro.
Finché non aveva trovato la soluzione. Una soluzione scovata in una strana notte di luna piena e sepolta in quella stessa soffitta da chissà quante generazioni. Quella soluzione giaceva tra le pagine incartapecorite di un polveroso tomo, le cui parole erano scritte col sangue ed odoravano di zolfo.
La soluzione la si poteva riassumere con un’unica e portentosa parola: negromanzia.
Era così che Fredric Brown aveva provato a cambiare la propria vita più di un mese fa, semplicemente chiedendo l’aiuto di un demone. Seguendo le minuziose indicazioni di quel grimorio maledetto, Fredric Brown aveva evocato un demone – Belial, Baphomet o chi altri fosse, non importava – e lo aveva imprigionato nel pentacolo magico tracciato sul pavimento della soffitta, costringendo quella creatura degli abissi ad esaudire tre suoi desideri, in cambio della libertà di fare ritorno alle profondità senza fondo da cui era stata chiamata.
Il rituale sembrava essere filato liscio, ma evidentemente qualcosa non doveva aver funzionato: come prima di quel fatidico giorno, di donne, soldi e successo non v’era traccia nella vita di Fredric Brown.
Anzi, la situazione era ulteriormente precipitata: aveva stabilito il nuovo record universitario di bocciature all’esame di geometria con tanto di notizia sul quotidiano locale, era stato rapinato tre volte e, soprattutto, si era accorto troppo tardi che l’unica donna ad accettare le sue avance, era in realtà un travestito di nome Hermann.
Ma come era possibile? Aveva seguito tutte le istruzioni alla lettera, ne era sicuro.
Si ritrovò a sfogliare quello stramaledetto libro, ripercorrendo parola per parola tutto il rito di evocazione.
Il pentacolo era ancora lì, sul pavimento, e una piccola ombra scura al centro di quel simbolo esoterico testimoniava che aveva versato nel punto esatto alcune gocce del proprio sangue. Anche le sei candele, benché quasi completamente consumate, si trovavano al loro posto, su ciascun vertice del pentacolo.
Ma…Un momento.
Si portò nervosamente una mano al mento, mentre uno spaventoso dubbio si faceva largo nella sua testa.
Sei candele?
No! Non poteva essere vero! Non riusciva a crederci.
Gli occhi di Fredric Brown si posarono alternativamente e ripetutamente dal tomo, al pentacolo, alle candele e viceversa, sempre più consapevoli e sgomenti di quello che era successo.
Un ululato di rabbia si levò dalla casa di Fredric Brown, squassando la tranquillità notturna del vicinato: il demone aveva finto di assecondarlo, in realtà si era preso gioco di lui e dei suoi ordini, ed era tutta colpa della geometria, della stramaledetta geometria, non della magia nera!
Se il destino si era accanito con Fredric Brown e la vita aveva continuato a prenderlo a calci nel sedere, era soltanto per un errore di forma, come quello, fatale, commesso nel disegnare un pentacolo a sei punte invece che a cinque.

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