“Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro” se la cantava il ragazzo della via Gluck, dicendo che lui quasi quasi il treno l'avrebbe preso per raggiungere la sua bella. ”Quasi quasi”, però; perchè la realtà è ben altra. Neanche se gli avessero regalato il biglietto, sarebbe salito su quel treno, perché la vita di chi ogni giorno si affida alle ferrovie è fatta sì di tanti colori, ma certamente non l'azzurro. E' infatti buio pesto, quando il pendolare si alza dal letto, perché il suo treno parte all'alba, così all'alba, che il sole si gira dall'altra parte quando sente la sveglia. Ed è sempre buio pesto, quando in punta di piedi, è costretto a sgattaiolare tra cucina, bagno e camera da letto come un Diabolik in pigiama, evitando di accendere la luce o di respirare troppo forte, per non destare chi sta ancora russando profondamente. Ma il pendolare non vive di solo silenzio, infatti, la prima parola della giornata, il pendolare la articola non appena uscito di casa. E' proprio lì, mentre sta per salire in macchina, che il pendolare parla, anzi, bestemmia, non appena si accorge di aver indossato nel buio di casa una scarpa da tennis e un mocassino pitonato della moglie, al posto delle classiche calzature di cuoio inglese. E per giunta entrambe sinistre! Ma la moda è l'ultimo dei suoi problemi, perché l'aver imprecato gli è costato secondi preziosi, secondi vitali che potrebbero fargli perdere il treno. E così il pendolare, un occhio sull'orologio e uno sulla strada, sfreccia a tutto gas per le vie desolatamente vuote della città, bruciando semafori rossi, ignorando precedenze e sfiorando più volte la barriera del suono. Che vita, quella del pendolare! Una vita sempre al limite. Ma mai priva di certezze, e che puntualmente si dimostra tale ogni stramaledetto giorno. E' certezza, infatti, che il microscopico parcheggio della stazione risulterà immancabilmente pieno, costringendo il pendolare ad abbandonare il suo mezzo in doppia, se non tripla fila; così come è altrettanto certo che al suo ritorno, la macchina dovrà recuperarla dalla polizia municipale. Se al parcheggio intasato ormai ci ha fatto l'abitudine, non altrettanto al suono metallico di una voce registrata, che gli dà il benvenuto non appena mette piede sul binario, annunciando puntualmente che il diretto per Milano arriverà con quindici minuti di ritardo circa. Ed è quel “circa” che lo spaventa, una parola che nel vocabolario ferroviario può significare che quel convoglio non si sa quando e se mai giungerà a destinazione. Al pendolare non rimane quindi che aprire bocca per la seconda volta nella mattinata e imprecare; imprecare e poi aspettare. Finalmente il treno arriva; i minuti di ritardo sono più di quindici, ma fortunatamente solo minuti e non ore. Dall'esiguo numero di vagoni che gli sferragliano davanti, è subito chiaro al pendolare e alla massa di persone stipate sul binario, che su quel treno i posti a sedere saranno occupati solo dai più forti della specie. Allo sbuffare pneumatico delle porte dei vagoni, quel binario che fino a pochi attimi prima era niente di più che una stretta lingua di cemento grigio, si trasforma improvvisamente in un vociante e caotico vicolo di Pamplona durante la festa di San Firmino. Distinti uomini in giacca e cravatta si fanno largo sgomitando, gentili vecchine roteano la borsetta come valchirie dotate di mazza ferrata, mentre imberbi studenti lanciano i loro zaini come proiettili per occupare un sedile. E quando sembra che possa scapparci il morto, tutto è già finito, l'adrenalina svanita, mentre sulle pareti in lamiera dei vagoni riverbera l'eco lamentoso degli esseri inferiori, che dovranno affrontare tutta la durata del viaggio in piedi. Il pendolare, ormai veterano di mille battaglie, non è certamente tra questi. E' riuscito a sistemarsi vicino al finestrino, e sta già cercando di assopirsi, di recuperare un po' del sonno perduto, perché chi è pendolare sa che il tempo è prezioso e non va sprecato. Ma dormire in treno è un'impresa. Anche per uno avvezzo come lui. Ogni volta che è prossimo a sprofondare nell'incoscienza, c'è sempre qualcuno o qualcosa che lo riporta alla veglia. Dapprima il classico studentello metal che ascolta il walkman ad un volume tale che tutta la carrozza riconosce già dai primi assolo di chitarra l'ultimo CD dei Metallica. Poi c'è il vicino di posto, che nei venti minuti iniziali di viaggio sfoglia la Gazzetta dello Sport con la stessa delicatezza usata da una sega elettrica nel tagliare un pino secolare, e nei restanti quaranta, fomenta una discussione sui continui favori arbitrali concessi alla Juventus, dai toni così accesi che quasi ci scappa una rissa nel vagone. Quindi è il turno del controllore, lo sceriffo dei binari, che meglio starebbe su una spiaggia di Riccione a vendere cocco, piuttosto che a gridare ripetutamente e a squarciagola “BIGLIETTI!” nella carrozza, ben sapendo che l'80% dei passeggeri sono sempre gli stessi abbonati che da venti anni a questa parte prendono lo stesso medesimo treno. Ed in ultimo arriva il freddo, un freddo bestia, da far sentire i viaggiatori come quarti di bue in cella frigorifera e da far loro pensare che la prossima fermata sarà quella di Lapponia Centrale. Invece è solo il condizionatore, che quelle poche volte che funziona, funziona così bene che tre quarti dei passeggeri si accalcano in coda per l'unica toilette del convoglio, colpiti da attacchi di meteorismo. Ma il pendolare, avvezzo alla sopravvivenza ferroviaria, non è tra loro, perchè lui la Gazzetta dello Sport ce l'ha sempre a portata di mano, non per leggerla, ma come isolante termico da infilare sotto la giacca. E così, mentre il treno infila roboando l'ultimo tunnel prima di giungere a destinazione e nel cielo si leva stancamente un sole rosso e visibilmente ancora insonnolito, lo sguardo apparentemente sereno del pendolare si perde oltre il vetro del finestrino. Ma c'è un tarlo che gli rode il cervello. Quel tarlo certamente non è dovuto alla reazione del suo capo all'ennesima giustificazione di ritardo provocato dal treno. Bensì ad una domanda. Che cosa causerà il ritardo del treno di stasera? Il solito sciopero sindacale (La Cisl? La Cgil? L'Orsa? Il Bue grasso?)? O il solito pirla che decide di farla finita, buttandosi proprio sotto i binari del suo treno?

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