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RACCONTI
Domenica mattina
Autore:  TIZIANO DE MARTINO / Pubblicata il:  25.02.2008

UNO.
Domenica mattina.
Finalmente è domenica mattina.
E’ ancora molto presto, ma Luca è già pronto per l’appuntamento.
C’è silenzio e tutto intorno dorme.
Solo qualche uccello tra le fronde degli alberi sembra voler annunciare l’inizio di una nuova giornata.
Luca è solo nella sua stanza, cammina verso il balcone ed esce.
Ormai è quasi giorno e la luce di Roma come sempre ferisce le pupille.
Luca chiude gli occhi, respira profondo e sorride.
E’ domenica.
Domenica mattina.
Finalmente.

DUE.
Le strade del centro sono stranamente vuote.
Poche macchine e poche persone in questa limpida giornata di inizio primavera.
Un parco, una panchina e due persone che in silenzio si siedono accanto.
Sono di schiena attenti a contemplare il panorama.
“Da qui è davvero bellissima…” osserva uno dei due.
“Cosa è davvero bellissima Luca?”.
“…Roma…Roma da qui è davvero bellissima…”.
“Si…hai ragione…è veramente splendida…”.
“Starei ore ed ore qui seduto in silenzio…solamente ad ammirare il panorama…” riprende Luca chinandosi in avanti con il mento tra le mani “mi piace spiare Roma dal parco degli Aranci…sorprenderla in questi momenti di completo relax…da qui mi sento di possederla…si da qui la sento più mia…”.
Il ragazzo che gli sta accanto, si gira verso Luca e con una pacca sulla spalla sembra voler rispondere “hai ragione…”.
“Sai Camillo…alle volte credo di avere addirittura paura al pensiero di dover scendere giù per mischiarmi con altre tre milioni di persone…altri tre milioni di estranei…”.
“Paura?” lo interrompe Camillo “paura di cosa?”.
“…paura…paura di immergermi nel solito traffico…nella solita confusione…nella solita gente…la solita gente…che non riesce neppure ad apprezzarla la nostra città…”.
Luca si alza, fa due passi avanti e si sporge aldilà del muretto prima di girarsi e riprendere da dove aveva lasciato.
“…forse è per questo che ormai sono diversi anni che esco solo la domenica…anzi che esco solo la domenica mattina…”.
“Perché dici questo?”.
“Perché la mia forse in fondo è solo paura…paura di diventare come loro…come tutti gli altri…”
“Come tutti gli altri chi Luca…cosa significa quello che stai dicendo?”.
“…niente Camillo…non significa niente…lasciamo stare così…tanto non capiresti mai…”.
“Cosa non capirei mai?”.
“Lasciamo stare…andiamo Camillo…alzati c’è un posto che voglio vedere prima di andare via…”.

TRE.
“Hai visto Camillo…da qui si può vedere la cupola di San Pietro…dall’esterno sembra un normale portone…poi ti inchini e da questa fessura puoi vedere la Basilica…vieni prova anche tu…”.
Camillo si avvicina e piegandosi leggermente in avanti prende il posto che prima era di Luca.
“…hai ragione…si vede benissimo…è uno spettacolo stupendo…da lasciare a bocca aperta…”.
“…te l’avevo detto…te l’avevo detto che ti avrei portato in un posto bellissimo stavolta…e poi Roma…la nostra città è sempre molto bella…ma probabilmente neanche io che ne sono innamorato riesco più ad apprezzare le sue cose…e quello che rappresentano…il problema è che sono stanco…”.
“Stanco di cosa Luca?” domanda il ragazzo ancora chino per ammirare quello scorcio attraverso la spaccatura sul portale.
“…stanco di andarci da solo in questi posti…anche se a dir la verità non ho voglia di venirci con nessun altro…solo con te Camillo…solo con te come abbiamo sempre fatto…e sempre di domenica…di domenica mattina…”.
Camillo cambia espressione, chiude gli occhi e si tira su dritto, poi girandosi verso Luca che ha lo sguardo in terra, sussurra piano.
“…lo so…lo so…ti capisco ne abbiamo già parlato tante volte…ma…”.
“Niente ma” lo interrompe Luca “niente ma…è questo quello che voglio adesso…ci ho riflettuto tanto durante questa settimana sai…”.
“Riflettuto su cosa?”.
“…riflettuto sul fatto che è quasi tutta la vita che faccio sempre le stesse cose con persone diverse…ed è arrivato il momento di cambiare…sai Camillo ora comincio a sentire il bisogno di fare cose diverse sempre con la stessa persona…”.
“Ho capito…ho capito perfettamente…ed ho capito che questa persona è Mar…”.
“No” alza la voce Luca “no…lei non c’entra stavolta…non sto parlando di lei adesso…non sto parlando di lei…ma di te…”.
“Di me?” Camillo sembra sorpreso.
“Si…di te…di te e nessun altro…”.
Un alito di vento fresco soffia da nord in direzione degli alberi.
Camillo si sistema una ciocca dei suoi capelli bruni dietro l’orecchio poi sospirando riprende.
“…e perché…perché proprio io…”.
Luca da serio inventa un sorriso e avvicinandosi a Camillo lo bacia sulla fronte.
“…perché me lo chiedi…lo sai già il perché...” risponde Luca grattandosi la testa rasata “perché sei mio fratello…e perché sei diverso da tutta l’altra gente che non mi riesce a capire…che mi guarda senza vedere…che mi tratta pietosamente…beh Camillo a me questa gente proprio non piace…o forse la verità è che sono io a non piacere a loro…questo sinceramente non l’ho ancora capito…”.
“Lo sai che non è così…lo sai che ci sono un sacco di persone che ti vogliono bene…che si prendono cura di te ogni giorno…”.
Luca scrolla la testa e chiude gli occhi.
E’ più alto e più vecchio del fratello.
Il suo viso magro, sembra scavato dal tempo, ma i suoi occhi spesso persi nel vuoto hanno conservato ancora l’innocenza e l’entusiasmo di un giovane ragazzo cresciuto felice in piccolo quartiere poco fuori dal centro con i genitori ed un fratello.
Luca oggi ha quaranta anni ed ogni tanto ride.
“…lo so Camillo…lo so…ma le persone a cui ti riferisci non contano niente per me…sono solo i guardiani dei miei pensieri…ma questo non mi interessa perché io adesso sto bene…sto bene e penso di poter starmene bene unicamente con te o da solo…non ho bisogno di nessuno…di nessuno…”.
Camillo non sorride più, diventa improvvisamente serio e guardando Luca con i suoi grandi occhi chiari ricomincia a parlare.
“No Luca…mi dispiace, ma non è così…tu continui a ripetermi che non ti piace più niente e nessuno…che stai bene quando stai solo o con me…che ti piace uscire solo la domenica mattina…e che non hai bisogno di persone che ti stiano vicine…ma io so benissimo che non è così…so benissimo che tu non stai parlando a caso…”.
Luca davanti a queste parole non riesce a mascherare la sua sorpresa che traspare limpida sulla sua nuova espressione accigliata.
“…tu caro mio non stai parlando delle persone…ma di una persona…di Marta…tu Luca stai parlando di Marta…”.
Silenzio.
Il sole fa di nuovo capolino da dietro una nuvola strappata al cielo ed illumina i profili dei due fratelli che ora sono uno di fronte all altro.
Luca non risponde con le parole, ma chi lo conosce sa che lo sta facendo con gli occhi.
E Camillo che lo sa continua il suo discorso.
“A te piacerebbe rivedere Marta vero?”.
Luca ora sembra non avere più difese.
Il suo solido scudo, fatto di tante parole e poche certezze, sembra improvvisamente essere spazzato via lontano.
“Marta…” sospira.
“…si…Marta…allora Luca rispondimi…ti piacerebbe rivederla vero?”.
A Luca ora brillano gli occhi.
Forse una lacrima o il vento negli occhi poi le mani in fondo al suo impermeabile leggero e un giro sulla schiena.
“…no Camillo…no…non lo so…è che non riesco a spiegarti…”.
“Provaci…provaci Luca…cerca di liberarti…” sembra incoraggiarlo il fratello.
“…è come se non riuscissi a ricordarmi di lei…del suo viso…dei suoi occhi…del suo aspetto…” risponde Luca schiaffeggiandosi la fronte “…non mi ricordo di lei…ma mi ricordo di sua madre…delle sue scarpe col fiocco dorato…dei suoi disegni…del suo appartamento al primo piano con le margherite sul davanzale…del portapenne smaltato sulla scrivania…delle tende patch nella sua stanza da letto…del suo profumo dolce alla vaniglia e della coperta di lana indiana comprata di domenica al centro commerciale…riesco a ricordare tutto questo…tutti questi dettagli…ma…”.
“Ma…” gli fa eco Camillo.
“…ma…per quanto mi sforzi non riesco proprio a ricordarmi di lei…di Marta…mi dispiace, ma non ci riesco…”.
Camillo si avvicina al fratello, dal tono della sua voce capisce che non gradisce parlare ancora di questo argomento, per questo decide di avvicinarsi alle sue spalle per sorprenderlo con un abbraccio.
Luca gira la testa, forse vorrebbe sorridere, forse vorrebbe piangere, ma non fa né l’una né l’altra cosa, si limita solo a fare una domanda.
“…non trovi sia strano?”.
“…si…si è strano…” non riesce a mentire Camillo.
“Come mai Camillo…come mai non ricordo più Marta…la mia Marta…pensi che loro mi abbiano fatto dimenticare anche di lei?”.
“…no Luca…stavolta loro non c’entrano…credo piuttosto che sia stato tu a volerla dimenticare…”.
“…non lo so…forse è davvero così…forse loro non c’entrano…certo però se ci fosse lei qui con me…”.
“…se ci fosse lei?”.
“…se ci fosse lei qui adesso davanti a me…forse…forse me la ricorderei…”.
“…tu non hai bisogno di averla davanti per ricordarla…tu non ne hai bisogno Luca…non ne hai bisogno perché lo sappiamo entrambi che tu non l’hai mai dimenticata…”.
Luca si strofina gli occhi, caccia fuori un bel sospiro e a voce bassa dice “…forse è così…forse…”.
Tra i due ragazzi cala di nuovo il silenzio.
Il parco comincia a riempirsi di persone e la vita sembra continuare a scorrere veloce sulle facce trasparenti dei fratelli.
Luca dopo pochi istanti spesi a riflettere è di nuovo il primo a parlare.
“Andiamo…andiamo Camillo…la mattina sta per finire…portami via…portami via lontano da qui…portami al mare…”.

QUATTRO.
L’Aurelia corre via veloce e bollente verso il mare.
Una palma al centro della rotonda sembra voler dare il benvenuto ai nuovi arrivati.
La litoranea è sgombra e davanti al lungomare un chiosco di grattachecche sta tirando su la serranda.
Un tizio con una Champion grigia macchiata dal sudore corre affannato, un altro aspetta che il suo Labrador gli restituisca il sasso, un altro ancora stringe felice la mano ad una ragazza bionda.
Luca cammina scalzo su una spiaggia poco distante dal porto.
Camillo lo guarda sorridente poggiato sulla sua macchina.
“Vieni…vieni…la sabbia è fresca…”.
Camillo fa pochi passi avanti, si toglie le scarpe e raggiunge il fratello.
I due sono vicini alla riva e guardano verso il mare.
Alcuni gabbiani decorano gli scogli.
“E’ una mia impressione Camillo o il mare di domenica è ancora più bello?”.
“…si…credo di si…”.
“…si…si…lo credo anche io” sorride felice Luca “…il mare mi è sempre piaciuto…d’estate…d’inverno…mi è sempre piaciuto…ed è sempre presente nei miei ricordi…”.
Camillo con una mano si sfila gli occhiali scuri e si gira un istante verso Luca.
“Quali ricordi…di quali ricordi parli Luca?”.
Luca spalanca le braccia verso il mare e con gli occhi chiusi prende un respiro profondo.
“…quelli di quando eravamo piccoli…tanti anni fa…quando la mamma ci portava qui…ci metteva la crema per il sole e facevamo il bagno…il bagno tutti insieme…te lo ricordi…te lo ricordi Camillo?”.
“…me lo ricordo…” risponde rimettendo su gli occhiali.
“E’ passato tanto tempo vero?”.
“…si…è passato tanto tempo…”.
“Quanto?”.
“…tanto…Luca…tanto…”.
Il mare calmo e piatto bagna i piedi dei due ragazzi.
“…hai ragione…è passato tanto tempo…” sussurra Luca prima di alzare improvvisamente il tono della voce per rivolgersi di nuovo al fratello “…e poi Camillo ti sei mai chiesto in fin dei conti cosa sia il tempo…beh non è niente…se non una condizione mentale…nulla più…guarda me per esempio…fino a qualche anno fa più passava il tempo e più pensavo di non avere tempo…poi un giorno…”.
“Poi un giorno cosa…” domanda Camillo.
“…poi un giorno…ci sono riuscito…”.
“Riuscito a fare cosa?”.
Luca non risponde.
Si inchina a raccogliere una piccola pietra nascosta nella sabbia, la carezza e la fa rimbalzare tre volte sull’acqua.
“…io ci sono riuscito Camillo…io sono riuscito a fermare il tempo…”.
“…riuscito a fermare il tempo Luca…” sembra sorpreso “…e come hai fatto?”.
Luca si gira verso il fratello.
Adesso sembra serio.
Alza un braccio e indicandosi la testa con un dito conclude dicendo “…qui dentro Camillo…l’ho fermato qui dentro…io ci sono riuscito…”.

CINQUE.
La mattina è finita.
E’ quasi ora di pranzo e dalle finestre dei piani più bassi arriva un invitante profumo di cucina buona.
Lo scenario è cambiato di nuovo.
Luca e Camillo camminano vicini lungo un viale in salita, asfaltato ed incorniciato da due aiuole geometriche ben curate.
Ora non si sente più l’odore salato del mare, ma quello dolce della ricca vegetazione nuovamente in fiore che domina tutta intorno.
In alto una palazzina chiara in stile moderno con un portale impreziosito da colonne corinzie raccoglie la stradina che percorrono i due fratelli.
“Sono stato bene…bene come sempre…Camillo…grazie…”.
“Anche io sono stato bene…Luca…anche io…e non mi devi ringraziare di nulla…”.
“La settimana prossima andiamo a vedere Castel Sant’Angelo…ho letto che c’è una fiera di libri…”.
“Va bene…se ti fa piacere ci andiamo…”.
Luca a metà viale si ferma e si gira verso il fratello.
“…bene…sembra che io sia arrivato…possiamo salutarci…da qui preferisco proseguire da solo…tanto l’entrata è vicina…”.
“Sei sicuro?” chiede Camillo “…dai che ti accompagno dentro…”.
“No…no grazie…preferisco andare da solo tanto sono due passi…e a quest’ora mi staranno già aspettando…”.
“Si lo credo anche io…allora sei sicuro che non vuoi…”.
“No…no…hai già fatto abbastanza per me oggi…”.
“Va bene…va bene…allora ciao…se non vuoi…io vado…”.
“Vai…ci sentiamo presto…”.
“Sicuro…certo…”.
I due sotto l’ombra proiettata da un pino a fusto lungo si stringono in un commovente abbraccio.
Luca bacia sulla fronte il giovane fratello e senza guardarlo gli dice “…prima di andare via però mi devi fare un favore…”.
“Quale favore Luca?”.
“…mi devi salutare Marta…la devi salutare per me e dirgli che io l’aspetto…l’aspetto sempre…”.
Camillo guarda negli occhi Luca.
Adesso è lui a tradire un pizzico di emozione che gli lucida lo sguardo.
“…lo farò…te la saluterò io…e gli dirò di venirti a trovare…di venirti a trovare presto…”.
“…grazie…lo so che lo farai…grazie…” sorride Luca prima di riprendere il suo cammino.
Camillo rimane fermo ed osserva il fratello allontanarsi.
Le lenti scure dei suoi occhiali riescono a nascondere la sua tristezza, la lacrima che ci scivola sotto, quella no!
Vorrebbe correre dietro al fratello, fermarlo, stringerlo forte e portarlo via il più lontano possibile da lì.
Ma non può.
Non può farlo come non potrà dire a Marta che Luca l’aspetta, perché Marta da molto tempo non c’è più.
Marta cinque anni prima era morta tra le braccia di Luca, suo padre.
Prima di andarsene la bambina aveva voluto fare un regalo a suo padre e per questo gli aveva lasciato un mucchio di ricordi; ricordi che però gli erano rimasti intrappolati come in del filo spinato tra le pareti della testa e della stanza di quell’ Istituto Psichiatrico che da troppi anni era divenuto la sua nuova casa.
Marta gli aveva regalato il suo ricordo, ma si era portata via l’immagine del suo viso sorridente non ancora rovinato dalla brutta malattia.
Poi a spezzare i suoi pensieri una voce.
“Camillo…” grida da lontano Luca “Camillo…è vero che non mi lascerai mai solo?”.
Camillo si volta, si asciuga una lacrima e sorridendo risponde “…è vero Luca…è vero…io non ti lascerò mai solo…”.
“…allora mi verrai a trovare domenica prossima?”.
“…si…domenica prossima…domenica mattina…”.
“…me lo prometti?”
“…si…te lo prometto…”.


 
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