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KAMALAFILM
  29.11.2006 | 09:27
Cenerentola, finalmente on line
 

E' finalmente disponibile on line il terzo corto kamalafilm che ha visto me e Michele alla regia. E' stato realizzato nel marzo di ques'anno, per il Provolone Valpadana Short Film Award. Ci siamo classificati 27esimi...peccato, ma ci siamo divertiti un sacco, e gli attori con noi. Il risultato, bè, commentatelo voi.

Aggiungo che è una versione quicktime a bassa risoluzione. Purtroppo, alla fine c'è una fastidiosa scarica di origine sconosciuta, provvederemo ad eliminarla.

ah, per scaricare, guardate nei "link" qui sulla sinistra :-)

ciao
fabio

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  27.11.2006 | 16:14
"Nuovo mondo"
 
 

Nuova York degli Stati Uniti d’America. E’ lì che comincia il Nuovo Mondo, un mondo moderno, dove il latte scorre nei fiumi, gli ortaggi sono grossi come cavalli e i soldi cadono dalle piante come frutti maturi. Ecco perché bisogna partire, lasciare il Vecchio Mondo.
Così inizia l’avventura della famiglia Mancuso e dei nostri emigranti che, sognando di abbandonare la povertà e la miseria italica, si imbarcano in un viaggio della speranza verso le sponde di una nuova vita, che ci ricorda sin troppo bene le cronache di chi salpa verso le coste dell’Italia, l’America del XXI secolo. Ecco in sintesi il film di Emanuele Crialese, Leone d’Argento all’ultimo Festival di Venezia, e che forse qualcuno ricorderà per “Respiro” con Valeria Golino.
La pellicola lascia il segno e merita di essere vista per come viene raccontata la storia e come viene affrontata una pagina della nostra storia.
Da un punto di vista tecnico, mi è piaciuta molto la scelta di non svelare mai allo spettatore il Nuovo Mondo (non vediamo mai niente di New York), se non attraverso visioni surreali, puro godimento per gli occhi dello spettatore, di ciò che attende gli emigranti al di là dell’oceano, ed in particolar modo la scena finale che porta ai titoli di coda, che da sola vale il prezzo del biglietto.
Inoltre, l’uso continuo di inquadrature strette per descrivere gli eventi, rende perfettamente l’atmosfera caotica e claustrofobica che si respira sulla nave: persone, persone e sempre persone accalcate nell’obiettivo, e che mi hanno fatto tornare alla mente un altro tipo di viaggio, quello dei deportati verso i lager nazisti.
Le uniche inquadrature a campo largo, invece, le vediamo all’inizio, per mostrarci quanto arido, duro e difficile sia il Vecchio Mondo in cui abitano i Mancuso.

Buona visione!

Michele (Pigi)

P.S: Dimenticavo, Nuovo Mondo è il film italiano candidato per gli oscar, vedremo se riuscirà ad entrare nei migliori cinque.

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  23.11.2006 | 22:04
e luce fu, ENEL
 

Eh si, ben due sceneggiature sono state accettate per il concorso ENEL, la mia e quella di Michele. Adesso c'è poco meno di un mese per realizzarle. Che lavoro. Ma non si può mollare come successe per Camelot.
Stiamo già affrontando i problemi creativi e logistici del caso. Cercheremo di lavorare in autonomia l'uno dall'altro fino al momento delle riprese, là dove l'apporto di più mani è generalmente indispensabile.

Non mi dilungo, il lavoro attende :-)

ciao
fabio

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  20.11.2006 | 20:19
Marie Antoinette
 
 

Delusione!
Ecco cos'è Marie Antoinette per me. Certo, quando si hanno alte aspettative, è facile restare delusi, ma su Sofia Coppola avrei scommesso, dopo i bei film precedenti.
La scommessa invece è stata persa.
Per carità, il film è piacevole; ho sempre amato i film in costume e qui c'erano tutti gli ingredienti giusti, inoltre la colonna sonora pop è stata un ottimo accompagnamento per la vita mondana di Versailles (unica trovata originale del film!).
Cosa non ha funzionato allora?
Ebbene, un film è anche storia, e la storia di Maria Antonietta è una non-storia, niente di memorabile, niente da raccontare, se non le acconciature alte come grattacieli, le scarpe stravaganti, gli abiti color confetto, i favolosi pasticcini e gli scarsi appetiti sessuali del delfino di Francia.
Insomma, come la vita di chi se ne stava a Versailles era fatta di apparenza e nessuna sostanza, così è questo film.

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  15.11.2006 | 15:55
"Tutti rubano, Geremia, e tutti sono infelici"
 
 

Apro così, con una battuta tratta dall'ultimo film di Paolo Sorrentino, la mia personalissima recensione de l'amico di famiglia, film in concorso all'ultimo Festival di Cannes.
Ma chi è Paolo Sorrentino?
E' sicuramente uno dei registi più interessanti del cinema italiano, perchè è un nome nuovo e, soprattutto, valido, che va ad affiancarsi ad altri ottimi talenti emergenti come Marco Ponti ("Santa Maradona", "A/R") e Mattia Garrone ("L'imbalsamatore", "Primo amore").
Già il suo film precedente, le conseguenze dell'amore, mi aveva colpito molto, sia per la regia, ma soprattutto per il personaggio interpretato da Toni Servillo.
E anche qui, ne l'amico di famiglia, ci troviamo di fronte ad un personaggio fuori dal comune, surreale e grottesco. Sto parlando del protagonista, Geremia De Geremei, interpretato da un bravissimo Giacomo Rizzo.
Benchè sia soprannominato "cuore d'oro", un benefattore della comunità, Geremia è un usuraio e della peggior specie.  E' vecchio, bruttissimo, tirchio e cinico, ma un giorno perde la testa per la bella Rosalba (Laura Chiatti) e si lancia in un avventato investimento, consigliato dall'amico Gino (Fabrizio Bentivoglio).
Il film ci ricorda quanto siamo soli e infelici, e come l'amore possa lenire questa solitudine, salvo scoprire che l'amore non è altro che una merce di scambio per raggiungere i propri scopi, come Geremia imparerà a sue spese.

Questo film è consigliato a chi pensa che il cinema italiano, per quanto ricco a livello di contenuti, sia povero e scadente a livello di immagini.
Paolo Sorrentino capovolge questo assioma, confezionando una pellicola di pura bellezza estetica e spiazzante, ma dai contenuti non sempre chiari.
Per chi vuole avvicinare questo regista, consiglio caldamente le conseguenze dell'amore.

Michele (Pigi)

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  13.11.2006 | 20:47
L'Amore, davvero
 

Da un po' non scrivo, impegnato su altri fronti.
Ma non ho mancato sia di mandare la mia sceneggiatura al concorso Enel, sia di guardare un po' di film.
Al cinema mi sono guardato "Il Diavolo Veste Prada", di cui Michele ha già detto molto. Aggiungo solo che ci sono delle riprese di New York tra le più belle che abbia mai visto. Mi sono anche goduto "La Gang del Bosco", buon film d'animazione, con sequenza davvero surreali che mi sono rimaste molto impresse.

Ma ciò che voglio riprendere è in realtà un film del 2003 dal titolo "Love Actually". Riguardato giusto ieri in dvd in lingua originale. Se a prima vista sembra la solita commedia romantica, si rivela un riuscito e delicato omaggio all'amore in tante delle sue forme. Non per nulla l'autore è lo stesso di Bridget Jones, Notting Hill e Quattro Matrimoni e un Funerale, tutti eccellenti esempi di commedia moderna. Altro aspetto di Love Actually è il giusto dosaggio nel montaggio delle numerose storie, per una volta in una normale sequenza temporale, senza salti, flashback o altre stranezze. Cast stellare, sui cui non è necessario alcun commento.

viva l'amore, per il cinema e per le persone.


Fabio (Foggio)

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  11.11.2006 | 15:07
"the departed"...il bene e il male...
 
 

Dopo tutti i commenti entusiastici di giornali, critica, pubblico e così via, come potevo non andare a vedere l'ultimo acclamatissimo film di Scorsese?
Semplicemente, DOVEVO andare a vederlo. Il mio era un dovere morale, come l'andare a votare.
E così mi siedo sulla poltrona del più brutto cinema di Cremona, il Chaplin, e mi scolo due ore e passa di pellicola, sparatorie, sangue e colpi di scena a ripetizione, conditi da un cast di grande livello, in cui Jack Nicholson giganteggia sui comunque bravi Leo Di Caprio e Matt Damon.
Insomma, sì,  tutti questi complimenti the departed se li è proprio meritati e non c'è niente di più bello che uscire dal cinema soddisfatti ed emozionati.
Ora non mi resta che vedere se il remake, perchè il film di Scorsese è un remake, è meglio dell'originale made in Honk Kong, intitolato infernal affairs e firmato da Andrew Lau.

Non mi dilungo oltre nei complimenti, vi segnalo solo una chicca a cui prestare attenzione.
Mi riferisco alle scene iniziali del film, in cui Scorsese introduce il personaggio di Costello (Nicholson) con continue inquadrature in penombra anche in scene di piena luce, per farci capire da subito, solo con la forza delle immagini, quanto egli sia pericoloso, diabolico e corrotto.
Se ancora non l'avete visto, correte al cinema!

Michele (Pigi)

Autore: kamalafilm | Commenti 2 | Scrivi un commento

  05.11.2006 | 18:34
Il montaggio infinito...genesi di "Turing Machine"
 
 

Questa immagine è tratta da Turing Machine, cortometraggio ideato, interpretato e realizzato da Max, con il supporto degli altri moschettieri di Kamalafilm, in cui Bruno Benno (Max), un giovane squattrinato, prende parte ad un esperimento scientifico di interazione con due soggetti a lui estranei, con cui può comunicare unicamente attraverso un computer.
Fin quì niente di strano, se non che uno dei due soggetti non è un essere umano, ma un'intelligenza artificiale di ultima generazione.
Riuscirà Bruno Benno a distinguere la macchina dall'uomo?
La risposta la sapremo solo alla fine del montaggio, che da parecchi mesi costringe Max ad una reclusione forzata in una cella di isolamento nell'umido scantinato di Kamalafilm.

Autore: kamalafilm | Commenti 1 | Scrivi un commento

  01.11.2006 | 19:22
"Babel": la terza fatica di Alejandro Inarritu
 
 

Dai, ci riprovo.
Dopo l’insuccesso del mio primo tentativo di recensire il film visto qualche sera fa, eccomi nuovamente qui, sperando che questa sia la volta buona.
Oltre a the fountain di Aronofsky, the departed di Scorsese e Maria Antonietta della Coppola, tra i film per me più attesi della stagione, c’era sicuramente Babel del messicano Alejandro Inarritu.
Questo regista, sempre coadiuvato ai testi dall’ottimo Guglielmo Arriaga (sua la sceneggiatura de le tre sepolture, da me visionato per caso solo pochi giorni prima), mi aveva già molto colpito nei due precedenti film: amores perros e 21 grammi, il peso dell’anima, quindi per me era assolutamente da non perdere l’appuntamento con la sua terza fatica, che gli ha consentito, tra l’altro, di vincere la palma d’oro per la regia al festival di Cannes 2006.

Veniamo alla trama.
Una turista americana (Cate Blanchett) viene ferita gravemente durante una vacanza col marito (Brad Pitt) in Marocco. Nel frattempo, a San Diego, la tata messicana che tiene i figli della suddetta coppia, decide di portarli con sé al matrimonio del figlio in Messico.
Mentre ci si domanda a chi appartenga l’arma che ha ferito la turista americana, in Giappone una ragazza sordomuta che ha visto suicidarsi la madre, vive un rapporto difficile col padre.

Già dal titolo, Babel, si evince che il film si fonda su una babele di rapporti, che l’incapacità di comunicare e la diversità culturale non possono che rendere fragile e complicata allo stesso tempo. Non mi soffermo però più di tanto né sulla storia, una buona storia, capace di mantenere un elevato livello di attenzione e tensione nello spettatore, né sugli attori (pazzesco vedere Brad Pitt con rughe profonde come canyon!), che bene simulano il proprio disagio e malessere interiore, ma voglio focalizzare la mia attenzione proprio sul lavoro del regista.
Come si evince da questa breve sintesi della storia e ricordando le trame dei film precedenti, è lampante che caratteristica inconfondibile di Inarritu è quella di intrecciare tra loro le vicende umane di personaggi diversi, apparentemente slegate le une dalle altre, ma che nello sviluppo della storia diventano tangenti in più punti.
Non importa se si passa dal Marocco, al Messico o al Giappone, perché la dimensione che conta non è quella spaziale, ma quella umana dei personaggi, così lontani tra loro, eppure così vicini nella loro incapacità di comunicare, di farsi capire, di aprirsi al prossimo e di amare.
Altro marchio di fabbrica del regista messicano è il montaggio, utilizzato spesso per ricreare un ordine narrativo degli eventi differente da quello cronologico, ma stavolta in misura meno massiccia che in 21 grammi, dove esso era puro esercizio di stile….ma che stile!
Qui il montaggio, invece, è meno invadente che in 21 grammi e il tocco del regista sembra volutamente essere più distaccato, come volesse non interferire più di tanto con il dipanarsi della trama.
E poi le immagini, quasi sempre sgranate e ruvide, ben conferiscono la durezza di situazioni e momenti disturbanti, e l’uso frequente dei primi piani trasmette l’angoscia dei protagonisti negli occhi dello spettatore.

Per concludere, il film ha lasciato sicuramente il segno, lasciandomi soddisfatto all’uscita dalla sala e confermando l’ottima opinione che ho di Inarritu.

Michele (Pigi)

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